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Il Castello Invisibile: la nostra recensione del più recente film di Keiichi Hara

Il Castello Invisibile è la più recente pellicola d’animazione giapponese uscita in Italia, approdata nel nostro paese tramite una programmazione evento della durata di 3 giorni, dall’11 al 13 Settembre, grazie ad Anime Factory.

Kagami no Kojou, così intitolato in lingua originale, è l’ultima fatica cinematografica del rinomato regista Keiichi Hara (Colorful, Birthday Wonderland e veterano degli immortali franchise animati di Doraemon e Crayon Shin-chan) in collaborazione con l’altrettanto rinomato studio d’animazione A-1 Pictures.
Conosciuto anche a livello internazionale come Lonely Castle in the Mirror, il film tratto dal romanzo di Mizuki Tsujimura uscì in Giappone il 23 Dicembre 2022 con risultati al botteghino relativamente miseri, con soli ¥140 milioni (circa €880.000) nel primo weekend di debutto.

Ciononostante, come sappiamo bene, gli introiti raramente sono un segnale affidabile sulla qualità o meno di un prodotto, specialmente se si tratta di animazione.
Il Castello Invisibile sarà un film che si “merita” la poca notorietà e la scarsa attenzione mediatica, oppure è una di quelle pellicole che passano in sordina ma che hanno tanta anima e tanto cuore al loro interno?

Il Castello Invisibile

Il Castello Invisibile narra le vicende di Anzai Kokoro e di altri 6 ragazzi, i quali si ritrovano tutti misteriosamente all’interno di un castello fiabesco, in uno scoglio sperduto nel mezzo dell’oceano, dopo aver attraversato dei portali creatisi all’interno degli specchi delle proprie dimore.
Kokoro, Akiko, Fuuka, Masamune, Rion, Subaru e Ureshino sono ragazze e ragazzi apparentemente normali e tutti frequentanti le scuole medie.

Il “padrone di casa” è una ragazza con addosso una maschera che predilige farsi chiamare Venerabile Lupo (Ookami-sama), la quale spiega frettolosamente la ragione della presenza dei ragazzi in tale castello.
Insieme a ciò l’entità misteriosa rivela loro che all’interno di quest’ultimo vi è nascosta una chiave speciale la quale è in grado di aprire una porta che conduce ad una stanza ove è possibile esprimere un desiderio ed esso verrà sicuramente esaudito.

Le regole a cui sottostare sono poche e solo una è di vitale importanza: l’accesso al castello è consentito solo tra le 09.00 e le 17.00 del fuso orario giapponese; chiunque si attarderà oltre questo limite di tempo verrà cacciato e poi ucciso da un gigantesco lupo (un po’ a richiamare, come accade più volte all’interno de Il Castello Invisibile, la fiaba de Il Cappuccetto Rosso) e con lui anche chiunque altro sarà stato presente all’interno del castello in quella specifica giornata, indipendentemente dal fatto che abbia rispettato le tempistiche o meno.

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I lati negativi de Il Castello Invisibile [ALLERTA SPOILER]

È esattamente da questa superficiale, ma necessaria, premessa che iniziano i primi problemi dell’ultimo film di Keiichi Hara e in particolar modo della sceneggiatura imbastita da Miho Maruo.
Il lungometraggio è, si, una trasposizione di una sceneggiatura già esistente in partenza, ma il riadattamento al medium dell’animazione risulta molto macchinoso ed evidentemente privo di una totale comprensione del concetto di ritmo all’interno di una pellicola cinematografica.

Il Castello Invisibile, all’interno dei suoi 116 minuti, ha infatti gravissimi problemi di ritmo di narrazione, con una prima metà estremamente prolissa all’interno della quale accade poco o nulla di rilevante sia dal lato trama che dal lato della caratterizzazione dei personaggi e con una seconda metà esageratamente frettolosa dove vengono spiegati tutti (o quasi) gli enigmi della storia e le backstories dei protagonisti in maniera sin troppo raffazzonata.

Il film verge tutto attorno a questo magico castello e a come esso simboleggi la possibilità di riscatto per questi 7 ragazzi che nelle loro vite hanno tutti subito, chi più chi meno, grossi traumi che li hanno portati a perdere la retta via, cadendo in un vortice di depressione autodistruttiva dalla quale faticano ad uscire con le proprie forze. Oltre a ciò, Il Castello Invisibile vuole chiaramente infondere un messaggio di speranza a tutti coloro che sono, o sono stati, vittime di bullismo, mostrando allo spettatore come l’aprirsi e l’affidarsi agli altri sia la migliore soluzione.

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La suddetta tematica, per quanto affascinante, è malamente esplorata e molte delle vicende messe a schermo ne Il Castello Invisibile risultano fin troppo forzate e melodrammatiche per essere verosimili.
Nella fattispecie, il passato di Kokoro è l’emblema più lampante. La nostra protagonista ha smesso di andare a scuola dopo essere stata ripetutamente bullizzata da Kanada, una sua compagna di classe, la quale le ha aizzato contro tutta la scuola. Quest’ultima arriva a tormentarla addirittura a casa sua, portandosi dietro una dozzina abbondante di compagni pronti a fare irruzione nella casa di Kokoro per farle pagare il fatto di “aver fatto gli occhi dolci” al ragazzo di Kanada (cosa, ovviamente, mai accaduta).

Risulta estremamente difficile, anche per gli standard delle sceneggiature nipponiche, prendere sul serio un canovaccio narrativo dove la protagonista viene presa di mira senza alcuna motivazione da dei compagni tredicenni e che quest’ultimi si fiondino alle porte di casa sua pronti a metterle le mani addosso, se non addirittura peggio, e che questo sia un pretesto credibile e verosimile per la condizione di Kokoro. Così come per lei, anche tutti gli altri coprotagonisti (tranne Rion) soffrono di palesi forzature narrative per giustificarne la presenza all’interno de Il Castello Invisibile.

Come detto poc’anzi, nella prima metà accade poco o nulla; I 7 ragazzi passano la maggior parte del tempo a bighellonare e a parlare del più e del meno invece che preoccuparsi della situazione in cui sono capitati, cercare sin da subito di coalizzarsi nel cercare questa famigerata chiave o semplicemente chiedersi vicendevolmente che scuola frequentano, il che si rivelerà essere lo snodo narrativo più importante della pellicola.

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Dal punto di vista puramente tecnico, Il Castello Invisibile non è un film pessimo, ma al contempo non brilla di luce propria. Il character design di Keigo Sasaki (Blue Exorcist, Erased, Seven Deadly Sins) è molto basilare e pecca in quanto a quantità e qualità di dettagli, il che è una questione da non prendere sotto gamba se consideriamo che egli ha anche ricoperto il ruolo di capo regista delle animazioni.
Al contempo la regia di Hara “tradisce” l’ottimo lavoro svolto dall’direttore artistico Hiromici Ito (Gintama: The Final Movie, Mobile Suit Gundam: Iron Blooded Orphans) e dai direttori della fotografia Toshiaki Aoshima e Yohei Miyawaki (Kaguya-sama: Love is War, Lycoris Recoil, Erased).

Gli storyboard di Hara difatti peccano di dinamicità e quelle poche volte in cui la trama ci porta a scene movimentate vi è un utilizzo ballerino e mal gestito di layout in CGI, di modelli in 3D poco elaborati e di rotoscopio dozzinale. Come detto poc’anzi, il lavoro fatto con i fondali e con il compositing si confà perfettamente a quanto ci si aspetterebbe da una produzione di un lungometraggio cinematografico, ma la regia di Hara fatica ad esaltare questi aspetti, i quali sono tra le note positive del lato tecnico.

Le colonne sonore di Harumi Fuuki (Il Re dei Cervi, Piano no Mori) sono incalzanti ed evocative, seppur utilizzate col contagocce e solamente in particolari fasi salienti del film: per la maggior parte de Il Castello Invisibile vi è un silenzio roboante per quanto concerne la presenza di musiche e soundtrack.
Volendo riassumere il tutto, possiamo dire che il team allestito da Hara e dall’animation producer Akinao Shibuya si sia limitato a fare un compitino del quale difficilmente lo spettatore si ricorderà per molto tempo.

L’ultima nota negativa, se così la si può definire, de Il Castello Invisibile e l’edizione italiana stessa. Il cast di doppiaggio è ottimo e ognuno dei doppiatori ha svolto un egregio lavoro (Ilaria Pellicone/Kokoro, Chiara Fabiano/Venerabile Lupo, Mosè Singh/Rion, Tito Marteddu/Subaru, Sara Ciocca/Fuuka, Tatiana Dessi/Masamune, Lorenzo Crisci/Ureshino, Lucrezia Roma/Akiko). Ciò che non convince è la direzione del doppiaggio di Riccardo Bambini; in troppe occasioni si percepisce come i dialoghi siano stati snaturati dall’originale. Per la stragrande maggioranza del film i dialoghi mancano di pathos e corrispondenza col labiale e con il linguaggio non verbale dei personaggi.

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I punti di forza de Il Castello Invisibile [ALLERTA SPOILER]

Dopo aver speso così tanto tempo ad evidenziare i difetti de Il Castello Invisibile verrà da chiedersi se ci sia davvero qualcosa di positivo di cui parlare. Ebbene si, la 2’metà della pellicola è croce e delizia dell’operato di Keiichi Hara.
Poc’anzi abbiamo sottolineato come essa sia esageratamente rapida e frettolosa nell’esposizione delle vicende, delle backstory e dei misteri, eppure è proprio all’interno di essa che si percepisce l’anima e la passione dietro a quest’opera e a questo progetto.

Nella 2’ora del film viene srotolata una matassa che appariva talmente ingarbugliata da dover essere gettata via; vi è un susseguirsi di colpi di scena potenzialmente prevedibili, ma non per questo meno ingegnosi e, come il termine suggerisce, in grado di colpire lo spettatore.
Si viene a scoprire (seppur tardivamente) che tutti e 7 i ragazzi provengono dalla stessa città e dalla stessa scuola, ma da epoche diverse. A partire da Akiko per arrivare a Ureshino, tutti loro sono nati a distanza di ben 7 anni l’uno dall’altro. Tutti tranne uno.
Rion infatti è nato esattamente lo stesso anno di Kokoro, quindi tra essi e Fuuka vi è un inconsueto gap di 14 anni invece che i soliti 7. Ciononostante non vi è errore nella sequenza.

Rion aveva una sorella maggiore di 7 anni che è morta di cancro diversi anni prima. Ella sarebbe dovuta essere la 7°persona della storia, non il fratello minore. In letto di morte, tuttavia, la ragazza gli promette che qualora fosse andata in cielo avrebbe chiesto a Dio di esaudire un desiderio di Rion, il quale non desiderava altro che poter andare a scuola con la sua sorellona.
Successivamente si viene a scoprire che la Venerabile Lupo altri non è se non la sorellona stessa di Rion, la quale ha presieduto la fiaba dei Cappuccetti Rossi per offrire loro una via d’uscita dalla loro spirale di depressione, per dare loro la possibilità di rimettere sulla retta via la propria vita.

Il Castello Invisibile anime

L’ultima mezz’oretta de Il Castello Invisibile è sicuramente sbrigativa e un lasso di tempo altrettanto lungo avrebbe aiutato a contestualizzare meglio la presenza dei 7 ragazzi all’interno del castello, il senso dell’esistenza del castello stesso, le ripercussioni che questo vai-vieni ha sul mondo reale, le implicazioni riguardo alla scelta dell’esaudire il desiderio e perdere la memoria o decidere di abbandonare il proprio desiderio pur di ricordare tutti quanti e via discorrendo.

Eppure, nella sua sbrigatività, nell’ultimo terzo del film si riesce a percepire qualcosa. Il messaggio di speranza arriva nitido allo spettatore. Una storia che pareva campata per aria e che sembrava essersi persa in un bicchiere d’acqua invece ritrova se stessa all’interno di uno slancio emotivo che va oltre i difetti dell’arte e della tecnica.
L’happy ending, come si confà ad una vera e propria fiaba, è il finale perfetto per le vicende de Il Castello Invisibile. Il retrogusto agrodolce che rimane in seguito ad un fine che sarebbe potuto essere lietissimo è convincente e trasmette emozioni impensabili fino a un’ora prima. È difficile spiegare a parole.

Il Castello Invisibile

In conclusione, Il Castello Invisibile è senza ombra di dubbio un film strano. Keiichi Hara e A-1 Pictures hanno partorito, volontariamente o meno, una pellicola che è in grado di far lottare ragione e sentimento.
Se si seguisse la prima e si cercasse di analizzare il lungometraggio per quello che intrinsecamente è (un prodotto d’intrattenimento con criteri, parametri, stilemi e oggettività) allora risulterebbe quasi impossibile non considerarlo un film mediocre, dalle scarse potenzialità e per giunta mal sfruttate.
Se, al contrario, si seguisse il secondo e si vivesse il film per quello che è (un mezzo per veicolare una storia, un messaggio, una morale o una filosofia di vita), intrinsecamente in egual misura, allora sarebbe da considerare come un lungometraggio toccante e distinto.

Il Castello Invisibile

VOTO - 7.3

7.3

VOTO

Il Castello Invisibile è un lungometraggio con enormi difetti, ma a al contempo con tanto cuore ed un messaggio di fondo in grado di emozionare

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Matteo Comin

Matteo Comin

Sono Matteo, scrivo da Desenzano (BS), Studio Scienze della comunicazione e lavoro in un cinema multisala. Sono appassionato, come tutti voi, di tutto ciò che riguarda la cultura nerd, in particolar modo di anime e manga.

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