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Chiara Ferragni, Amadeus e Gianni Morandi Selfie

I selfie: perché ci piacciono così tanto?

La storia del selfie è ben posteriore agli smartphone e alle ultime meraviglie della tecnologia. Il primo autoscatto della storia risale al 1839, e appartiene a uno dei primi appassionati di fotografia, un certo Rober Cornelius di Phladelphia. Ma ancora prima dell’Ottocento, per comprendere l’importanza dei selfie dovremmo risalire sino ai primi ominidi, quando nacque la specie umana e la “consapevolezza di sé”.

Riconoscere il proprio riflesso in uno specchio è una peculiarità dell’uomo e di altre poche specie animali. Infatti, oltre a noi, solo i delfini, le orche, alcuni primati, i cavalli e le gazze riescono a superare il “test dello specchio” (ovvero, si riconoscono nell’immagine riflessa). Con lo sviluppo dell’autoconsapevolezza, l’uomo ha compreso l’importanza della propria immagine e della sua conservazione nel tempo. E così ha sviluppato nei secoli tecniche sempre diverse per lasciare un’immagine duratura di sè: prima con le pitture rupestri, poi con i busti, mosaici, in seguito con ritratti e autoritratti e, infine con gli autoscatti.

A parte questa digressione storica, abbiamo capito che da migliaia di anni l’uomo adora lasciare un’immagine di sé su un dispositivo, che sia una patere di roccia o lo smartphone che usiamo tutti i giorni. Ma perché l’uomo ritiene così importante questa usanza? Ma soprattutto: perché ci piacciono così tanto i selfie?

Chiara Ferragni, Amadeus e Gianni Morandi Selfie

Il profondo significato del selfie

La parola “selfie” avrebbe una nascita precisa e risalirebbe al 2002, dove venne utilizzata per la prima volta in un forum australiano. Per una decina di anni comparve e scomparve sul web, finché l’avvento degli smartphone dotati di fotocamera frontale non l’ha riportata alla ribalta. E così nei primi anni Duemiladieci il termine “selfie” ha iniziato a diventare molto popolare, diventando la parola dell’anno del 2013 per l’Oxford Dictionaries.

Da allora questo termine fa parte del nostro quotidiano. Ma in molti casi rievoca immagini frivole e la vanità delle persone sui social. Viene anche spesso presa in giro come un inutile inglesismo o come un termine “usato solo dai giovani” (in senso dispregiativo). Ma un articolo pubblicato lo scorso 27 aprile sulla rivista “Social Psychological and Personality Science” mostra come gli autoscatti non siano solo una pratica frivola, ma hanno un profondo significato dietro.

L’articolo è stato realizzato da Zachary Aldoph Niese (Università di Tubinga), Lisa K. Libby (Università dell’Ohio) e Richard P. Eibach (Università di Waterloo, Canada), e si intitola Picturing your life: The Role of Imagery Perspective in Personal Photos. Si tratta di una revisione di 6 studi che hanno coinvolto circa 2100 persone, proprio sul tema delle fotografie e della sua importanza per le persone.

Jujutsu Kaisen Selfie

Secondo gli autori di Pictuting in your life, le diverse ricerche evidenziano molto chiaramente quanta differenza ci sia tra le foto scattate con una prospettiva in prima persona contro quelle fatte come fossero in terza persona, quindi a sé stessi. In sostanza, le persone catturano gli attimi della loro vita per motivi e obiettivi diversi. Per esempio, si aspetta spesso minuti e ore per cogliere durante il crepuscolo l’attimo in cui sole scende dietro l’orizzonte. Oppure si sceglie di scattare un selfie per ritrarre sé stessi insieme al proprio partner, in un momento speciale della propria vita. Naturalmente, a seconda dell’obiettivo prefissato, una persona scatterà una foto in un certo modo piuttosto che un altro.

Essenzialmente, com’è emerso dalle sei ricerche, sono due i motivi principali che guidano le persone mentre scattano una foto. O cercano di cogliere l’esperienza fisica di quell’attimo, inteso cosa hanno visto e cosa pensano fosse meritevoli di essere ricordato (per esempio, la bellezza in un tramonto sul mare). Oppure, le persone cercano di catturare le emozioni provate e il significato più esteso di un certo evento (un bacio intenso e il sorriso del proprio partner davanti a un tramonto sul mare).

A questi due motivi principali corrispondono due tipologie di scatti. Se una persona vuole cogliere l’esperienza fisica di un momento, essa realizza una fotografia con una prospettiva in prima persona. Se invece si vuole cogliere il significato più profondo e personale di quell’evento, allora le persone realizzeranno una foto di sé stesse con una prospettiva in terza persona (da qui i selfie).

Selfie Oscar 2014

Insomma: dietro ai selfie c’è molto più che la vanità di una persona. Un errore che facciamo spesso é il giudicare come superficiali le persone che fanno postano molti autoscatti sui social, o che comunque riempiono gli album dei loro smartphone solo con dei selfie (da soli o in gruppo).

E se invece fossimo noi le persone che giudichiamo in maniera superficiale gli altri e le loro foto? La prossima volta che aprirete Instagram sarete sicuramente più consapevoli del significato profondo dietro a un selfie. Se un autoscatto per noi può essere una cosa frivola, per l’altra persona invece non lo è.

LEGGI ANCHE: I social stanno diventando tutti uguali?

Fonti: 1, 2

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Alessandro Guarisco

Alessandro Guarisco

Ebbene sì: scrivo da 2 anni per DRCOMMODORE di Tecnologia, Anime e manga Appassionato del mondo Apple, Android e Windows One Piece, One Piece ovunque Profilo Linkedln per scoprire i miei segreti: https://www.linkedin.com/in/alessandro-guarisco-1417321ab/

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