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Gioventù ribelle Giorgia Meloni

Gioventù ribelle, storia del disastroso gioco dei 150 anni dell’Unità d’Italia

Festeggiato il 17 marzo 2011, il 150° dell’Unità d’Italia è stato uno degli eventi più discussi e promossi degli ultimi anni: mostre, cerimonie, monete commemorative e altro ancora. Allo stesso tempo, però, già allora ci furono molte polemiche sul modo con cui venne celebrata questa importante ricorrenza nella storia italiana.

Infatti, il Risorgimento è un periodo che divide ancora il nostro Paese, specie per come è stata costituita l’Italia (spedizione dei Mille, plebisciti, Guerre di Indipendenze). Per questo motivo, molte iniziative del 150° dell’Unità sono state oggetto di polemiche e critiche, per il fatto di essere o di parte oppure per essere state messe in piedi in maniera un po’ discutibile

Un esempio di ciò lo ha riportato alla mente Kotaku, una delle testate internazionali più importanti in ambito videoludico. Proprio nella giornata di ieri la rivista ha pubblicato un articolo dello storico dei vidoegiochi Damiano Gerli, a proposito di un certo titolo che ci siamo tutti dimenticati. Stiamo parlando di Gioventù ribelle, videogioco per l’Unità sponsorizzato dall’ex-Ministero della Gioventù, all’epoca guidato da Giorgia Meloni.

Gioventù ribelle Giorgia Meloni

Gioventù ribelle, un caso italiano

L’articolo di Kotaku delinea una storia quasi dimenticata e rimossa dalla memoria di noi italiani. Quando il gioco uscì e sparì in fretta dalla circolazione ne parlarono diverse testate, compresi Il Post e Wired. Ma da allora di Gioventù ribelle non se n’è parlato più sul web e ci siamo scordati di questo disastro videoludico. Facciamo quindi un passo indietro insieme a Kotaku (no, non al 20 settembre 1870, giorno ricordato per la cosiddetta “Presa di Porta Pia” e che rappresenta l’ambientazione del videogioco).

Il 15 marzo 2011 al Museo Maxxi di Roma venne lanciato Gioventù ribelle, proprio due giorni prima dell’Unità. In quell’occasione il titolo venne presentato dal suo supervisore, Raoul Carbone e dall’allora ministro della Gioventù Giorgia Meloni (oggi Presidente del Consiglio).

Quadro Breccia di Porta Pia

Come ci ricorda Il Post, si trattava di un’iniziativa della “Presidenza del Consiglio dei Ministri e dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano”, prodotto insieme ad “Assoknowledge Produttori Italiani di Videogiochi e Alberghi per la Gioventù”. Tra gli “sponsor tecnici” si trovavano anche Cinecittà Studio Luce, Rai Trade e le Ferrovie dello Stato.

Ad ogni modo, Gioventù ribelle era un sparatutto in prima persona ambientato durante i citati eventi della Presa di Porta Pia. Il giocatore interpretava un anonimo portaordini che doveva consegnare un messaggio urgente al Papa, l’allora Pio XII. Il titolo non era disponibile al download su piattaforme come Steam, ma andava fatto girare sull’Unreal Development Kit.

Come ricorda Kotaku, al lancio iniziarono da subito i problemi: riassumendo, il gioco era un totale disastro. L’AI dei nemici era totalmente rotta, numerosi bug e glitch, il personaggio a volte diventava “invincibile”, il comparto grafico era decisamente arretrato anche per l’epoca. In più, il gioco non era per nulla fedele alla storia della Presa di Porta Pia e agli eventi annessi. A quel punto, il gioco sparì dalla circolazione dopo pochi giorni dal lancio, il 24 marzo 2011.

Gioventù ribelle

Fino a qui nulla di strano, visto che di giochi usciti al lancio in stato disastroso e subito rimossi ne è pieno internet. I problemi però vengono da come è stato sponsorizzato il gioco e dello stato dell’industria videoludica italiana all’epoca. Innanzitutto, come ricorda ancora Kotaku, Gioventù ribelle secondo le parole del suo supervisore era un gioco “creato da degli studenti in maniera gratuita, senza il supporto tecnico ed economico di altre società”.

Ma come abbiamo già sottolineato, tra gli sponsor si potevano trovare il ministero della Gioventù, Trenitalia e anche la Rai. In più, sembra che all’inizio il titolo abbia ricevuto almeno mezzo milioni di euro di finanziamenti pubblici, utilizzati per la “campagna marketing”.

Inoltre, il lancio disastroso del titolo rischiò di minare la credibilità della già ridotta industria videoludica italiana, visto che l’IGDA (International Game Developers Associtaion) volle prendere le distanze da Gioventù ribelle. E all’epoca, l’unico studio italiano di grandi dimensionerai Milestone, mentre Ubisoft Milano era ancora uno studio in crescita.

Gioventù ribelle sito

Gioventù ribelle venne sepolto nei meandri dell’internet, con il sito rimosso dal web e con una generica promessa di un suo ritorno (che non sarebbe mai avvenuto). Fortunatamente, la reputazione dell’industria videoludica italiana venne salvata dallo studio indie No.Team e dai membri del forum Playfields.

Guidati da Daniele Azara, questi ragazzi svilupparono XX – La Breccia, titolo che al contrario di Gioventù ribelle era storicamente accurato, sviluppato come si deve e con una grafica al passo con i tempi. Lanciato nel settembre 2011, La Breccia prese il nome di Gioventù ribelle (pur rimanendo due progetti totalmente separati). Ma dopo alcuni mesi anche quel progetto venne sospeso, visto che comunque era ancora in beta.

Insomma, la storia di Gioventù ribelle non è di certo nuova nel panorama italiano. Un progetto nebuloso sponsorizzati da enti pubblici e privati, lanciato in pompa magna ma che finisce nel dimenticatoio perché disastroso. Vi lasciamo ancora all’articolo di Kotaku di Damiano Gerli (link), per avere una panoramica molto più approfondita su questo disastro italiano.

LEGGI ANCHE: Il sito web in cui Giorgia Meloni raccontava la sua passione per i draghi: un salto nel passato

Bandiera italiana

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