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Creed 3 – La Recensione

Con il terzo capitolo di “Creed”, continua ad espandersi la saga spin-off dedicata a Adonis, figlio dell’amato Apollo, e la storia madre prosegue a grande ritmo.

La volontà di eguagliare i sei titoli che detiene il Rocky Balboa di Sylvester Stallone ormai è pacifica, e a confermarlo è lo stesso Michael B. Jordan, che assicura l’arrivo di altri progetti legati al c.d. “Creed-Verse”.

Ma non è questo il momento, o la sede adatta, per spingerci troppo in là con l’immaginazione; è giusto concentrarsi sul presente, perché dal 2 marzo in tutte le sale italiane arriva Creed III.

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Nella pellicola, Adonis (Michael B. Jordan) ha scelto la via del ritiro, rimanendo un grande campione e detentore di svariati titoli. Ora, gestisce la palestra che lo ha plasmato e prepara nuovi e promettenti campioni del Boxe, riuscendo anche a trascorrere più tempo con la moglie Bianca (Tessa Thompson) e la figlia Amara (Mila Davis-Kent).

Presto, però, la sua “tranquilla” quotidianità viene sconvolta dal ritorno di un suo vecchio amico, Damien (Jonathan Majors), uscito di prigione da poche settimane, e con in mente un piano di rivincita che potrebbe costringere lo stesso Adonis a dover indossare nuovamente i guantoni e scendere sul ring.

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Deviare dagli Stereotipi del Franchise

Non si può negare che i due franchise (“Rocky” e “Creed) appartengono a una tipologia di pellicole che fa spesso uso di stereotipi narrativi (seppur necessari per lo sviluppo di questo tipo di storie) conditi poi da varie tematiche e da una trama complessiva da sviscerare di capitolo in capitolo. È così che Rocky è entrato nell’immaginario collettivo del grande pubblico, ed è così che dal 2015 Creed si espone all’audience in maniera fuorché banale e sempre godibile.

A questo giro, l’incipit e lo scopo della narrazione sono diversi, più personali, sentiti ed ispirati. Il protagonista non deve fare il consueto cammino a suon di pugni verso il titolo di campione dei pesi massimi, bensì affrontare un frangente del suo passato che pensava essersi lasciato abbondantemente alle spalle.

Il motivo dell’assenza di Stallone nei panni di Rocky è presto giustificato, nonostante si senta la mancanza di quella chimica tra i due personaggi, che è stata chiave nei due film precedenti.

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L’Esordio di Jordan alla regia e la storia personale

Questo terzo capitolo è di gran lunga più affine al primo (diretto da Ryan Coogler) in termini di centralità del protagonista e di analisi del suo tormentato passato.

Non a caso, la pellicola in questione sigla l’esordio alla regia di Michael B. Jordan, a marcare il sottile filo che lega il personaggio con il suo interprete, che qui decide di raccontare una storia esime dai canoni del franchise che si presta ad un approccio più soggettivo, più diretto.

Michael B. Jordan è, in primis, un nerd, e lo dico nel miglior senso possibile del termine: la sua cultura in ambito POP non è affatto di poco conto, e la sua mano dietro la camera può soltanto confermarlo. Nel film si ride e si teme; si parla di amore, di amicizia, di famiglia e di rimorso; le sequenze di combattimento sono tra le migliori dell’intero franchise, con rallenty all’occorrenza, riprese in primissimo piano e coreografie che sembrano essere uscite direttamente da un Anime.

Adonis Michael B. Jordan Amara Mila Davis Kent and Bianca Tessa Thompson Creed at the fight in Creed 3

Il film, tuttavia, non è esente da difetti: è chiara la voglia di mirare alla pancia, alle sensazioni primali, a discapito di una costruzione dialogata e graduale fra i due protagonisti fino all’ultima goccia del vaso (che, purtroppo, trabocca troppo facilmente).

Al netto di una caratterizzazione parzialmente completa dell’antagonista, e di un finale da far leggermente storcere il naso, “Creed IIIè una pellicola piuttosto solida, con qualità da vendere, ed in grado di intrattenere, e mai annoiare, il grande pubblico.

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Guglielmo Tamburino

Guglielmo Tamburino

Amante seriale di cinema in ogni sua forma e genere. Oltre ad una profonda devozione al Maestro Quentin Tarantino, il mio gusto è stato fortemente influenzato dal tocco di François Truffaut e dalla genialità di Sam Raimi.

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