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Disney: il pugno duro della cancel culture contro Don Rosa (e altri?)

Pochi giorni fa, ve ne avevamo già parlato qui, una doccia fredda ha investito il mondo degli appassionati di fumetti di tutto il mondo.

Il celebre fumettista in pensione Don Rosa ha pubblicato in un post su Facebook il testo di una mail che ha ricevuto da un suo editore:

In virtù del suo costante impegno a favore della diversità e dell’inclusione, The Walt Disney Company sta rivedendo la propria lista di storie.

Di conseguenza, alcune storie che non sono in linea con i loro valori non saranno più pubblicate. Questo vale per due delle Sue storie classiche, “The Richest Duck in the World” e “The Dream of a Lifetime”. Queste storie non faranno parte di alcuna ristampa o nuova raccolta”.

Chi è Don Rosa?

Ma forse non tutti i nostri lettori sanno chi è Don Rosa. Originario del Kentucky, il fumettista è unanimemente considerato l’erede diretto di Carl Barks, l’Uomo dei Paperi che circondò Paperino di un mondo reale: la città di Paperopoli, l’organizzazione scout delle Giovani Marmotte, l’inventore Archimede e soprattutto il ricco Zio Paperone.

La passione di Don Rosa per le storie di Barks lo portò nel 1987 a farsi strada nel mondo dei fumetti Disney con storie caratterizzate da maniacali e apprezzatissimi riferimenti costanti alle storie di Barks.

La produzione di Rosa rendeva il mondo dei Paperi ancora più credibile e verosimile, ad esempio decidendo di ambientare le sue storie negli anni ‘50-’60 (quelli della produzione di Barks), di fatto creando una rigorosa continuity delle avventure dei Paperi.

Le sue storie sono così amate che esistono diverse edizioni che le raccolgono, recentemente anche in Italia per la casa editrice Panini.

La $aga di Paperone

L’apice esemplificativo della produzione di Don Rosa fu la serie The Life and Times of $crooge McDuck, che in dodici puntate narrava la vita di Zio Paperone secondo i vari indizi biografici lasciati da Barks.

Il progetto era ambiziosissimo e raccolse un grandissimo successo nel pubblico dei lettori, coronato da un Eisner Award, il più prestigioso premio dei fumetti, assegnato alla serie.

Si potrebbe insomma parlare della serie Disney a fumetti più amata, eppure rischia di sparire!

Il testo della mail riportato a inizio articolo non lascia dubbi: tra le due storie che Disney avrebbe proibito di ristampare vi è proprio l’undicesimo capitolo della $aga di Paperone. Ma perchè proprio questa storia?

Il Gongoro

C’è un solo elemento che accomuna le due storie di Don Rosa colpite dalla cancel culture: la presenza del personaggio secondario Bombie the Zombie, in Italia noto come Gongoro.

Inventato da Carl Barks per la sua storia del 1949 “Paperino e il Feticcio”, il Gongoro è uno zombie che per effetto di un incantesimo vudù perseguita Zio Peperone.

Questo personaggio secondario che oscilla tra umorismo e horror è stato soggetto a interventi di censura: anche nella sua prima apparizione, agli spaventosi occhi vuoti voluti da Barks vennero aggiunte delle pupille sotto delle palpebre socchiuse, per rendere il personaggio meno spaventoso.

Negli anni successivi, al personaggio furono tolti gli stereotipi di matrice africana: l’eccessivamente grosso naso e l’anello che da lì pendeva. Anche nelle due storie di Don Rosa incriminate lo zombie appariva con questo modello meno stereotipato.

Censura in casa Disney

Di questa vicenda stupisce quanto sia draconiano l’intervento della Disney. La stampa nostrana ha spesso denunciato casi di cancel culture contro la produzione cinematografica della Disney, ma la realtà era un’altra…

Su Disney+ sono tranquillamente disponibili classici come Dumbo e Gli Aristogatti e Peter Pan con rappresentazioni stereotipate delle etnie africane, asiatiche e nativoamericane, ma sono accompagnati da un avviso in cui la Disney prende le distanze dai contenuti possibilmente offensivi ed invita lo spettatore a contestualizzare storicamente quanto vedrà.

Il classico avviso che appare su Disney+

Vero è che altre produzioni Disney come I Racconti dello Zio Tom continuano ad essere irreperibili per le loro rappresentazioni controverse, ma l’intervento di Disney contro Don Rosa appare ai più davvero sproporzionato.

Quali conseguenze?

Nella storia The Dream of a Lifetime il Gongoro appare in solo tre vignette, eppure tutta la storia non sarà mai più ristampata. Quanto a The Richest Duck in the World, essendo un episodio di una serie, è probabile che lo stesso Don Rosa vieterà ogni possibile ristampa della $aga monca di questo fondamentale capitolo.

Il risultato è che un graphic novel lodato da tutta la critica e premiato diventerà introvabile. Potreste immaginare un ritiro dal mercato di Forrest Gump per la sua rappresentazione di Bubba, trascurando il fatto che in quello stesso anno il film vinse sei Oscar?

E la stessa sorte potrebbe capitare a numerosi fumetti di Barks, Floyd Gottfredson e tanti altri, se la Disney sta rivalutando tutto il suo patrimonio fumettistico con criteri così stringenti.

Don Rosa al Comic-Con di San Diego con un premio alla carriera del 2013

Fumetti Disney, un’eredità non valorizzata

Seppur dando una interpretazione personale, Don Rosa ci dà uno spunto di riflessione in questo suo commento:

Il motivo per cui la Disney non esita a stroncare i fumetti vagamente basati sui suoi personaggi è che Disney NON sta “censurando totalmente le opere della sua divisione fumetti”: loro non hanno una divisione fumetti! Tutti i fumetti che coinvolgono i loro personaggi sono sempre stati creati e pubblicati da editori indipendenti con licenza che impiegano scrittori e artisti freelance, come Carl Barks, me e centinaia di altri… Capisco perché si irritano contro i freelance i cui fumetti sono più popolari di ciò che la Disney stessa fa con i suoi personaggi classici. [I fumetti] non significano nulla per loro.

Disney LGBT

Indipendente da come andrà a finire questa vicenda, essa rappresenta un nuovo capitolo del problema su come andrebbero trattati i media occidentali del passato in cui il valore artistico-storico è “intaccato” da influenze culturali oggi condannate. La cancel culture è la via giusta?

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