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I Virtual Influencer, la novità che confonde il marketing

Nel corso degli ultimi 10 anni il fenomeno dell’influencer marketing si è largamente diffuso in tutto il mondo e, anche, nel Bel Paese, dove youtuber, instagrammer e tiktoker hanno iniziato a prendere il posto della pubblicità televisiva. Da poco però, sta prendendo piede anche il nuovo fenomeno delle virtual influencer.

Non sono persone vere ma avatar completamente digitali e costruiti ad-hoc al computer. Le virtual influencer sono progettate e animate appositamente per creare emozioni pur avendo un’esistenza completamente fittizia. Ma perché ora vanno molto di moda?

Virtual influencer: chi sono e cosa fanno

Sponsorizzano brand, fanno pubblicità, raccontano la loro vita e partecipano agli eventi più esclusivi del momento ma non sono persone reali. Le virtual influencer sono avatar digitali con un’identità ben definita e sono molto richieste dai brand di moda più famosi. Sono create tramite CGI (Computer Generated Imagery) cioè la stessa identica tecnologia che permette agli studi di Hollywood di creare effetti speciali nei film.

Virtual Influencer

La funzione principale di una virtual influencer è la stessa di una reale: pubblicità. Indossano abiti firmati, fanno post, stories e sponsorizzano prodotti nei loro profili social. Alcune volte possono anche essere scelte come testimonial per campagne pubblicitarie decisamente più grandi proprio dal brand stesso. Ma la realtà è una sola: nessuna di loro è reale anzi, solo alcune sono ispirate a persone realmente viventi, le altre sono create proprio da zero proprio per essere “la perfezione” che chiede la società in quel determinato momento.

Un fenomeno prettamente orientale

Il fenomeno delle virtual influencer ha avuto un grande riscontro principalmente in Asia a partire già da qualche anno ma si sta piano piano ingrandendo a livello mondiale. Nel nostro paese è infatti diventata famosa Zaira, l’influencer digitale dell’azienda Buzzoole nel metaverso di The Nemesis. Il volto ricorda molto quello di Billie Elish, con un’età post adolescenziale e attenta a tutte le tematiche della Generazione Z (1997-2012) come sostenibilità e body positivity.

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È infatti la Generazione Z quella più appassionata alle virtual influencer. Questi ragazzi, infatti, seguono molto più volentieri profili del genere rispetto a persone reali. Anche molte donne tra i 18 e i 34 anni sono molto attratte da questi profili di persone digitali.

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Una delle virtual influencer più famose è Miquela Sousa, un profilo aperto ormai più di 5 anni fa che in pochi mesi aveva già superato i 120 mila follower ma ora ne conta più di 2.9 milioni. È di origini brasiliane e ormai ha un’età di 20 anni ed è da anni che collabora con i brand di moda più famosi al mondo come Gucci, Prada, Calvin Klein e Diesel. In altri casi è proprio il brand stesso a creare una virtual influencer ad-hoc come nel caso di Puma con Maya o come ha fatto KFC, creando in digitale l’avatar dell’iconico colonnello Sanders.

Ma perché la gente segue le influencer virtuali

Qual’è il senso di seguire una persona virtuale nei social direte voi e la risposta non è poi così scontata. Nel metaverso, i virtual influencer offrono ai brand alcuni vantaggi che le persone reali non potranno mai dare. Per esempio suscitano molta meno invidia e odio da parte dei propri follower e quindi si creano meno haters che cercano di ostacolare il lavoro e inoltre il loro comportamento è totalmente controllabile dal team di social media manager.

Virtual Influencer

Questi influencer virtuali sono sempre disponibili e pronti “all’uso” e, ovviamente, hanno dei costi decisamente inferiori alle loro controparti reali. Viaggiano dove vogliono, non hanno necessità particolari e non hanno difetti caratteriali. Grazie a tutto questo, secondo uno studio di HypeAuditor, hanno un engagement molto più alto rispetto alle persone vere.

Secondo alcune stime, il mercato delle virtual influencer raggiungerà senza problemi gli 800 miliardi di dollari nel corso del 2024.

Fonte: 1, 2

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Valerio Monti

Valerio Monti

Fotografo, videomaker e consulente tecnico, ma visto che mi avanzava un po' di tempo anche studente di Ingegneria Informatica

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