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Gli spot anti-pirateria spingono a piratare ancora di più, lo rileva un nuovo studio

Una famosa pubblicità anti-pirateria risalente al 2004 ce lo diceva sempre, ogni volta che guardavamo un film: scaricare un film piratato non è diverso dal rubare un’automobile. Ci ha provato e riprovato a convincerci di ciò, e la conosciamo tutti quanti. Non è stata certamente l’unica campagna anti-pirateria che ha provato a sensibilizzarci su quanto sia sbagliato scaricare illegalmente i film, ma sicuramente è stata la più iconica.

Ebbene, nonostante la sua notorietà, secondo un nuovo studio datato 22 luglio 2022 e pubblicato su The Information Society pare che quella pubblicità, come tante altre dello stesso tipo, non abbiano funzionato poi granché. Anzi, il risultato dello studio prova come abbiano favorito esattamente il contrario: hanno cioè indotto le persone a piratare ancora di più.

Lo studio, intitolato “Fare di più con meno: approfondimenti comportamentali per i messaggi anti-pirateria”, elenca i tre principali errori delle campagne anti-pirateria, e dimostra perché queste non riescano ad avere impatto sugli utenti che decidono di piratare.

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I tre errori principali delle campagne anti-pirateria

Secondo le ricerche svolte dallo studio, quindi, tutti quegli spot esagerati che raffigurano la ricezione di malware e virus mentre si tenta di scaricare illegalmente i contenuti, o futuri distopici dove i cinema e gli attori falliscono, semplicemente non funzionano.

Da quanto si legge nello studio, il primo più grande errore delle campagne anti-pirateria è sopravvalutare la natura del crimine commesso e le perdite subite dall’industria dello spettacolo.

Durante gli spot, vengono proposti ai pirati una lunga sequela di ragioni che, secondo chi ha creato la campagna, dovrebbero essere la prova schiacciante che quanto essi stanno facendo è sbagliato. La ricerca comportamentale, però, ha provato che se si presentano numerosi argomenti a supporto della propria affermazione, quelli più forti saranno attenutati da quelli più deboli.

L’esempio più eclatante, ha spiegato lo studio, potrebbe essere proprio la pubblicità che dicevamo all’inizio, la “Non ruberesti un’auto”, che ha avuto solamente l’effetto di divenire protagonista di moltissimi meme:

“Ha paragonato il download di un film a varie forme di furto, comprese quelle ragionevolmente rilevanti (rubare un DVD in un negozio) e altre alquanto assurde (rubare borse, TV, automobili), il che ha attenuato il messaggio”.

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Il secondo più grande errore delle campagne anti-pirateria è focalizzarsi troppo sui numeri senza dargli un contesto. Le statistiche interessano solo all’industria dello spettacolo e i pirati non gli danno troppo peso, soprattutto se non sentono di avere alcun legame con il problema che gli viene presentato o con le vittime.

Lo studio porta come esempio una campagna fatta nel Regno Unito, il cui messaggio era composto solamente di freddi e spogli numeri. Ma la ricerca sottolinea che anche quando si cerca di creare un messaggio che colpisca più sul personale, bisogna pensare bene a ciò che si fa.

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Una campagna di Bollywood, infatti, ha provato a convincere la gente a non piratare i film facendo lanciando il messaggio attraverso famosi attori dell’industria dello spettacolo indiana. Inutile dire che molti dei cittadini indiani hanno poca simpatia per le eventuali perdite di questi ricchissimi attori.

E infatti, la campagna in questo caso ha avuto proprio l’effetto contrario: ha fatto piratare ancora di più, perché era stata trovata una giustificazione morale. Lo studio spiega che tale fenomeno è chiamato “Effetto Robin-Hood”.

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Il terzo e ultimo errore delle campagne anti-pirateria, secondo lo studio, è mostrare ai pirati quanta gente scarica illegalmente i contenuti. Le ricerche comportamentali hanno dimostrato che la gente preferisce seguire ciò che fanno gli altri, non ciò che è stabilito dalla legge:

“Informare direttamente o indirettamente le persone che molte persone piratano è controproducente e incoraggia la pirateria spingendo le persone prese di mira a comportarsi in modo simile”.

L’ultimo consiglio che la ricerca dà agli studi cinematografici è quello di rimuovere gli annunci anti-pirateria dalle sale poiché coloro che sono lì seduti, dopo tutto, sono proprio le persone che non stanno piratando.

Nemmeno appellarsi alla giustizia dà l’effetto sperato perché i pirati non pensano di fare qualcosa di sbagliato quando scaricano illegalmente qualcosa. Non si percepiscono come ladri, perché pensano di non star effettivamente sottraendo al proprietario il copyright.

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Fone: Vice

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Camilla Flocco

Camilla Flocco

Dragon Ball, One Piece e tutto ciò che ama il web.

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