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L’inevitabile impatto della Salary Transparency sul divario retributivo di genere

L’Europa è in procinto di decidere se rendere pubblici gli stipendi di ogni individuo attraverso la Salary Transparency, tale scelta potrebbe ridurre in modo drastico la disparità di genere a livello salariale.

L’8 marzo, in concomitanza con la Festa della Donna, alcune aziende in Inghilterra sono insorte sui social media affermando quanto fossero importanti i propri dipendenti di sesso femminile e di come lavorassero duramente, in modo da smentire i costanti stereotipi sul posto di lavoro.

GenderPayGapBot, l’account Twitter di una copywriter di Manchester, Francesca Lawson, sembra avere altre idee:

Dopo aver postato un video promozionale contente la frase “Vi presento Francesca, credo che nessuna montagna sia troppo alta per essere scalata“, la società di consulenza McKinsey è stata presa di mira dal profilo Twitter, affermando che la compagnia paga le donne il 22,3% in meno rispetto agli uomini.

Un altro esempio è stato fatto con l’azienda FinTech GoCardless, dove è stato affermato che le donne vengono pagate il 19,9% in meno degli uomini.

La lista potrebbe andare avanti per ore e ore, in quanto l’account posta giorno per giorno notizie inerenti alla disparità di salario tra genere in modo trasparente.

Salary Transparency

Seppur i lavoratori richiedano migliori condizioni di lavoro, flessibilità e benefici, mostrare esattamente ciò che tutti guadagnano sembra ancora inconcepibile. Christian Wigand, un portavoce della Commissione Europea, afferma:

I dati più recenti della Commissione mostrano che il divario retributivo di genere in UE è pari al 14,1%, diminuendo molto lentamente. Il divario è stato particolarmente rilevante durante la pandemia, in quanto ha rinforzato tale disuguaglianza, esponendo le donne ad un rischio maggiore.

Salary Transparency: la proposta della Commissione Europea

La Salary Transparency sembra essere stata presentata direttamente al Parlamento e al Consiglio Europeo ad inizio marzo, avanzando la richiesta di una trasparenza salariale applicata a tutti i lavoratori negli Stati membri dell’UE.

Oltre la richiesta posta nei confronti dei datori di lavoro di fornire le fasce salariali sui propri annunci e il divieto a domande sullo storico retributivo, ciò darebbe ai dipendenti il diritto di richiedere informazioni riguardanti la retribuzione e costringerà le aziende, che dispongono di più di 250 dipendenti, a condividere i propri dati inerenti al divario retributivo.

La decisione potrebbe finalmente rendere giustizia a chi è vittima di discriminazione retributiva, incluso il pieno risarcimento dello stipendio arretrato e le conseguenti sanzioni imposte alle aziende che applicano tali provvedimenti.

La Salary Transparency potrebbe veramente aiutare a ridurre le disparità e, come esempio di essa, possiamo analizzare il caso avvenuto in Islanda: a partire dal 2018, le aziende con più di 25 dipendenti devono dimostrare di pagare equamente il proprio personale. Se ciò è dimostrato, riceveranno una certificazione; se invece non ne dispongono, subiranno multe a livello giornaliero. Uno schema simile, stavolta con aziende che contano più di 10 dipendenti, sta avvenendo in Canada dalla fine del 2021, con l’obiettivo di correggere tutti i divari salariali entro la fine del 2024.

disparita salariale

In alcuni Paesi sono addirittura diffuse clausole inerenti alla segretezza sul proprio lavoro: nel Regno Unito e in Australia, in molti contratti è specificato che è vietato parlare di retribuzione con i propri colleghi. Invece, per quanto concerne la legge degli Stati Uniti, i dipendenti hanno il diritto di discutere sul proprio compenso, vietando ai datori di lavoro di richiedere lo storico salariale degli stessi.

Se e quando verranno presi provvedimenti inerenti alla Salary Transparency, le aziende sul territorio degli Stati membri dell’UE avranno due anni di tempo per rivedere le proprie idee e “ripulirsi” di conseguenza.

Sam Franklin, co-fondatore del portale del lavoro Otta, commenta:

La Salary Transparency è un’idea eccellente. Non vi saranno scappatoie per le aziende a livello Europeo. Esse dovranno prepararsi a sostenere difficili conversazioni e dovranno decidere come gestire il tutto. Sarà sicuramente un mondo migliore per chi cerca lavoro in Europa, sperando comunque che altri paesi aderiscano all’iniziativa.

Il periodo di transizione sarà sicuramente difficile. Le aziende dovranno ripensare a ciò che danno per scontato e, per quanto costoso possa essere, rimane il fatto che ciò porterà un benessere a livello generale, sia per quanto riguarda i dipendenti, sia per le imprese stesse.

Per altre notizie inerente alle questioni legate all’Unione Europea, cliccate sul seguente link!

Unione Europea

Fonte: wired.co.uk

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