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Kena: Bridge of Spirits

Kena: Bridge of Spirits, la recensione: ambizione e semplicità

Sin dal suo annuncio, avvenuto durante il reveal di PlayStation 5, Kena: Bridge of Spirits, opera prima di Ember Lab, ha saputo stimolare la curiosità dei videogiocatori grazie ad un setting estremamente ispirato unito al suo stile artistico ed estetico che ricordava prepotentemente un film Pixar.

Proprio a causa di questa natura apparentemente “ibrida” la curiosità dell’utenza lasciava trapelare anche qualche dubbio, relativo soprattutto ad una struttura di gameplay mai chiarificata del tutto, dalla cui realizzazione dipendeva gran parte dell’effettiva riuscita del titolo; dubbi che, dato l’attuale status del medium, sempre più orientato verso la creazione di titoli estremamente cinematografici ed “esperienziali”, erano sì legittimi, ma forse ampiamente superati dal modo in cui il mercato si sta evolvendo.

Dopo svariati rinvii, utili ad Ember Lab per perfezionare alcuni aspetti della loro creatura, Kena: Bridge of Spirits è finalmente arrivato sugli store digitali di PlayStation 4, PlayStation 5 e PC. Un’opera prima che in pochissimi giorni è stata capace di spazzare via tutte le preoccupazioni dei tanti videogiocatori che attendevano trepidanti l’uscita del gioco, e che ha saputo come conquistarci nonostante una semplicità che non risulta stucchevole, ma che anzi nasconde tutta la consapevolezza di un team di sviluppo poco attrezzato, capace di fare grandi cose con i mezzi che aveva a disposizione.

Ecco la nostra recensione di Kena: Bridge of Spirits

Kena: Bridge of Spirits infatti non è un titolo che brilla per originalità o per innovazione, ma nonostante ciò riesce ad essere estremamente godibile, divertente e a tratti emozionante. La consapevolezza di cui sopra si sostanzia soprattutto in questo, nell’aver imbastito un prodotto capace di spiccare nel mare magnum di titoli indipendenti grazie ad un’identità sì poco originale, ma estremamente funzionante nella sua semplicità.

Dopo aver passato numerose ore nei panni di Kena, siamo finalmente pronti a dirvi cosa pensiamo del gioco targato Ember Lab. Curiosi? Continuate nella lettura, non troverete spoiler di alcun tipo!

Un viaggio emozionante e desolante

Il comparto narrativo di Kena: Bridge of Spirits è senza dubbio alcuno uno dei fiori all‘occhiello della produzione. Dopo una tanto breve quanto evocativa introduzione, veniamo subito introdotti nel meraviglioso e misterioso mondo di gioco, abitato da dei soggetti chiamate Guide Spirituali, che hanno il compito di aiutare le anime perdute a compiere la transizione verso l’aldilà; transizione mai accettata pacificamente da molte di queste, che vengono inevitabilmente corrotte da ciò che le lega ancora al mondo dei vivi.

Nel novero delle Guide Spirituali vi è ovviamente la protagonista, Kena, che ha intrapreso un viaggio per conoscere e comprendere al meglio il ruolo che essa ricopre in questo magico e desolato mondo; un viaggio che sta a simboleggiare un percorso di crescita interiore raggiunta mediante l’interfacciarsi con la sofferenza ed i drammi di chi è troppo legato al “nostro” mondo, e che fa di tutto, anche perdere sé stesso, pur di non lasciarsi alle spalle gli affetti che lo circondano.

Le storie dei pochi spiriti che incontreremo sono zeppe di sottotesti, intrise di un dolore che forse poco si addice all’estetica adottata da Ember Lab, ma che allo stesso tempo sa come spiazzare e far emozionare il giocatore; le varie anime che incroceranno il percorso di Kena infatti sono caratterizzate con estrema sapienza, ed i loro drammi sono raccontati in maniera estremamente efficace grazie anche a dei filmati che nulla hanno da invidiare ad alcune delle più blasonate produzioni animate che negli ultimi anni hanno affollato i cinema ed i servizi streaming. Filmati che, ancora una volta, dimostrano come ormai la cross medialità nel mondo dei videogiochi sia una realtà, e non un’utopia irraggiungibile, e che catalogare un prodotto secondo schemi e generi fissi è diventata ormai una pratica obsoleta.

Kena: Bridge of Spirits

Il percorso che ci porterà ai titoli di coda è dunque intriso di una malinconia e di una desolazione che, a dispetto dell’estetica di Kena: Bridge of Spirits, denota una maturità enorme da parte dei ragazzi di Ember Lab, i quali senza perdersi in un racconto estremamente complicato e dai mille, complicati risvolti, hanno optato per una storia sì semplice e lineare, ma estremamente d’effetto, la cui costruzione denota un’enorme ambizione, coniugata ad un ottimo sfruttamento dei mezzi a disposizione del team di sviluppo.

Il viaggio di Kena saprà dunque come emozionarci e come lasciare qualcosa in ogni giocatore, che, al pari della protagonista, compirà un viaggio capace di farlo riflettere su temi estremamente importanti che raramente sono stati trattati nel mondo dei videogiochi con una tale delicatezza.

Tra semplicità, esplorazione e Rot!

Anche dal punto di vista del gameplay, Ember Lab ha saputo compiere un lavoro tanto semplice quanto egregio. Il meraviglioso mondo di gioco infatti non è stato infarcito di tutti quegli elementi che in un open world vengono spesso utilizzati come riempitivo per allungare leggermente la durata del titolo; ancora una volta, il team di sviluppo ha dimostrato estrema consapevolezza di sé e di ciò che voleva portare al pubblico, pubblicando un prodotto che non stufa mai, fatto di poche e ben studiate meccaniche capaci di non confondere mai il giocatore tenendo altissima la sua attenzione per l’intera durata del titolo.

Essenzialmente Kena: Bridge of Spirits ha, come già anticipato, un esiguo numero di meccaniche di gameplay; l’intero titolo si basa infatti sull’esplorazione, mai banale o noiosa e prodromica alla ricerca dei tenerissimi Rot, ben nascosti all’interno dell’intera mappa, e dei combattimenti contro creature che ci obbligheranno a far sfoggio di tutti i poteri che Kena, col proseguire della main quest, conquisterà.

Kena e un Rot

L’esplorazione dunque, unita a qualche enigma di facile lettura, non brilla certo per originalità, ma grazie all’ottimo numero di collezionabili e al fatto che questi non vengono segnalati da alcun indicatore, la stessa riesce comunque a funzionare, e bene. Il level design, che si sviluppa sia in orizzontale che in verticale, è studiato per invogliare il giocatore ad esplorare ogni singolo anfratto alla ricerca dei Rot, la cui presenza verrà indicata unicamente dalle impronte che vedremo indossando la maschera dello Spirito che stiamo aiutando.

La ricerca di queste simpaticissime creature è utile, ma non fondamentale, per sbloccare le abilità di Kena in battaglia. La giovane Guida Spirituale infatti potrà e dovrà contare, oltre che sul suo fido bastone e sui suoi poteri, anche sulle abilità dei Rot, che durante i combattimenti con i tanti spiriti malvagi presenti potranno essere utilizzati in numerosi modi diversi ed il cui corretto utilizzo può fare la differenza tra la vita e la morte.

All’inizio di ogni combattimento infatti, Kena non potrà fare altro che alternare attacchi leggeri e pesanti, intervallati da dei parry che potranno darci un’ottima finestra di attacco, nell’attesa di recuperare delle sfere gialle che infonderanno coraggio ai Rot, spaventati dalla presenza degli spiriti malvagi di turno. Una volta riempito uno degli slot della “barra del coraggio”, sarà possibile utilizzare questi piccoli esserini per attaccare i nemici, distrarli, o addirittura per curarsi. Il saggio utilizzo dei Rot sarà fondamentale, in quanto alcuni spiriti mostrano i loro punti deboli solo quando si ritrovano attaccati dalle tenere creature.

Questo pizzico di strategia riesce ad arricchire un combat system semplice ed immediato, esaltato dal fatto che ogni nemico richiederà l’utilizzo o dei Rot o di un determinato potere di Kena per essere sconfitto agilmente. Anche sotto questo punto di vista bisogna fare un plauso ad Ember Lab; Kena: Bridge of Spirits non spicca per varietà dei nemici, ma il pattern d’attacco di ognuno di essi è studiato per permettere al giocatore di utilizzare tutto ciò che ha recuperato durante l’avventura.

Kena Combattimento

Anche gli scontri con i boss sono molto ben costruiti, e risultano essere davvero ostici anche ai livelli di difficoltà più bassi; senza la giusta dose di attenzione, ed il minuzioso utilizzo dei poteri dei Rot, il game over non sarà scontato ma quasi.

I Rot tuttavia potranno essere utilizzati non solo in battaglia, ma anche per risolvere alcuni dei tanti enigmi presenti o per interagire con l’ambiente circostante. La risoluzione degli enigmi, non tutti obbligatori per proseguire, si lega indissolubilmente alla progressione di Kena, che mediante la spesa dei cosiddetti punti Karma potrà acquisire nuove abilità utili a rendere la vita più agevole nei combattimenti.

In sostanza dunque, il gameplay di Kena: Bridge of Spirits funziona, e tanto. Nonostante una semplicità di fondo che potrebbe non essere apprezzata da tutti, il titolo di Ember Lab sa cosa vuole dare al giocatore, e sa benissimo come farlo senza complicare troppo quelle meccaniche che funzionano proprio grazie alla loro estrema immediatezza. Creare un mondo di gioco ricco di cose da fare, ma allo stesso tempo estremamente vuoto, non avrebbe giovato ad un prodotto che comunque richiede più di 10 ore per essere completato, almeno il doppio se si vogliono cercare tutti i Rot ed i collezionabili presenti sulla mappa.

Incredibile per essere un’opera prima!

Dal punto di vista tecnico, nonostante alcune sbavature figlie soprattutto del risicato budget a disposizione, Kena: Bridge of Spirits riesce a brillare di luce propria. Visivamente infatti, al netto di una poca pulizia di alcune texture, il gioco è una meraviglia, e non ha nulla da invidiare a produzioni estremamente più blasonate che anzi, in alcuni casi perdono anche nettamente il confronto visivo. Lo stile artistico ed il design di tutti gli abitanti del mondo di gioco è di altissimo profilo, così come lo sono i filmati, il cui unico problema sta in un frame rate sensibilmente abbassato per risultare più cinematografico rispetto ai 60 FPS fissi del gioco in modalità performance. Vi è anche la possibilità di scegliere la modalità fedeltà, che fa girare il titolo a 4K nativi e 30 FPS, ma ve la sconsigliamo vivamente. Ottima anche la colonna sonora, utilizzata in maniera sapiente per esaltare alcuni passaggi fondamentali; peccato invece per il doppiaggio inglese, che ci è sembrato davvero anonimo e poco ispirato.

Kena: Bridge of Spirits

In conclusione..

Kena: Bridge of Spirits è un titolo che fa della semplicità il suo punto di forza, e da cui molti dovrebbero prendere esempio. Al netto di alcuni difetti e di picchi di difficoltà inspiegabili, l’opera prima di Ember Lab ha saputo come conquistarci, grazie ad un setting delizioso e ad una trama più profonda di ciò che sembra ad un primo e distratto sguardo. Gli sviluppatori, consci dei propri mezzi e delle proprie possibilità, hanno portato sul mercato un prodotto che ha come parola d’ordine la consapevolezza. Complicare eccessivamente un titolo per provare a spiccare in un mercato che di quei titoli è saturo è controproducente, e Kena: Bridge of Spirits ne è la dimostrazione pratica.

Kena: Bridge of Spirits

VOTO - 8.8

8.8

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Carlo D'Alise

Carlo D'Alise

Videogiocatore dagli indimenticabili tempi dello SNES. Praticante avvocato nel tempo libero, appassionato in particolare di Action, Soulslike ed RPG, ma in generale del videogioco in (quasi) tutte le sue declinazioni. Sono ad un panino dall'obesità.

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