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Google sotto accusa: rende difficile la disattivazione della localizzazione e ne tiene traccia anche in background

Secondo un insider, Google renderebbe difficile la gestione delle impostazioni della localizzazione intenzionalmente

Non è cosa nuova venire a sapere che i colossi del mercato applicano spesso pratiche poco ortodosse per riuscire a spulciare qualche soldo e qualche dato in più ai propri consumatori, ignari di tutto. Questa volta ad essere sotto processo è, ancora una volta, Google. Sembra che la società statunitense infatti abbia assunto degli atteggiamenti poco corretti per quanto riguarda la tracciabilità degli utenti.

Secondo quando emerso da un insider, Google tiene traccia degli spostamenti e dei dati riguardanti la posizione dei consumatori anche quando questi disattivano tali servizi. L’avvocato dell’Arizona Mark Brnovich ha anche intentato una causa contro Google per questo motivo: l’accusa sostiene infatti che Google mantiene attivi i dati di localizzazione in background per alcune features, che si disattivano solo con la disattivazione dei servizi di localizzazione.

Non solo, ma è emerso anche che sia stato fatto di tutto pur di provare a rendere le impostazioni che regolano l’accessibilità al GPS e alla condivisione di dati molto difficili da trovare, in modo da scoraggiare la loro disattivazione. Per arrivare a questo obiettivo, si è messa molta pressione nelle aziende che producono smartphone, di modo che le impostazioni per la localizzazione vengano rese difficilmente accessibili.

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Nel file del processo si legge anche di una domanda fatta ad un impiegato di Google: “perché non dare la possibilità di gestire la localizzazione ad app di terzi?”, aggiungendo il fatto che sembrava come se l’azienda non volesse rivelare nulla a riguardo.

Ovviamente non sono mancate le difese da parte della società. Stando a quanto detto da José Castañeda, portavoce di Google, la causa di Brnovich e dei rivali dell’azienda statunitense sta solo cercando di affossare i servizi, che invece hanno sempre rispettato la privacy degli utenti.

Non è comunque la prima volta che si leggono di cose del genere, tant’è che a volte son intervenuti anche gli utenti stessi, come quando protestarono contro la modalità in incognito.

Fonte: The verge

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Lorenzo De Padova

Lorenzo De Padova

Laureato in economia aziendale, appassionato di manga, anime, videogames e pop music e in generale di ciò che non è mai scontato e banale.

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