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HOLLYWOOD, la recensione della nuova serie Netflix di Ryan Murphy

E se si potesse riscrivere la storia di Hollywood?

Una serie di fortuite coincidenze porta all’incontro tra Jack Castello, un veterano della seconda guerra mondiale che sogna di fare l’attore ma che lavora in una stazione di rifornimento dove si offrono servizi particolari, Archie Coleman, uno sceneggiatore afroamericano e omosessuale che fatica a farsi strada nell’America del dopoguerra e Raymond Ainsley, un aspirante regista di origini asiatiche che vuole cambiare il mondo di Hollywood dall’interno. A loro si unisce un nutrito numero di comprimari, tra personaggi originali e altri realmente esistiti.

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Sullo sfondo delle loro vicende personali, apparentemente slegate ma con un filo conduttore comune, si sviluppa la Hollywood di quegli anni, fatta di razzismo, lussuria e raccomandazioni.

La serie di Ryan Murphy (qui il trailer) può considerarsi un omaggio alla Hollywood di quel tempo, ma in maniera del tutto differente all’ultimo film di Quentin Tarantino.

A metà tra l’omaggio e la denuncia

Se nel caso del film diretto da Tarantino tutto poggiava sulla più fedele riproduzione dei più minimi particolari per rendere il film quanto più vicino alla realtà e tutto gravitava sulle interpretazioni di due mostri sacri del cinema odierno, la serie di Murphy è un period drama, quasi una soap opera, che poggia su un forte cast corale in cui ognuno ha la sua parte, perfettamente cucitagli addosso. E se quella di Tarantino era una lettera d’amore, quella di Murphy ha più le sembianze di una lettera di denuncia.

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E di cose da denunciare ce ne sono a decine nel mondo che ci viene presentato e che impariamo a conoscere durante i sette episodi che compongono questa miniserie. La povertà che attanaglia i personaggi alle prese con il ritorno alla normalità dopo la guerra e con le necessità della vita quotidiana. Le difficoltà che affrontano le persone omosessuali e le minoranze etniche e religiose, le cui aspirazioni vengono soffocate da una società bigotta e ancora non pronta alle eguaglianze. La corruzione delle forze dell’ordine. Le molestie sessuali che tutti gli aspiranti attori sono costretti a subire pur di entrare nel tanto agognato mondo dello spettacolo.

Una storia di riscatto

Queste e tante altre tematiche sociali si susseguiranno in quella che è a tutti gli effetti una storia di riscatto. Una fiaba ambientata nel mondo dello spettacolo che trasmette un messaggio forte, a tratti politico.

Quello che era inizialmente il sogno di alcuni ragazzi desiderosi di svoltare nel mondo del cinema, con il passare del tempo diventa un’occasione più unica che rara per fare la storia. Storia che, più che essere fatta, sarà riscritta, come recita anche la tagline della serie. Rifacendosi ad eventi realmente accaduti e persone veramente esistite, la trama spicca poi il volo, prendendosi più di qualche libertà, per raccontare una storia originale dall’epilogo inatteso, ma perfettamente incastonata nella realtà storica di quegli anni.

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HOLLYWOOD può essere tranquillamente considerata come la summa del percorso artistico di Ryan Murphy. Facendo tesoro della sua esperienza in serie tv come Glee, American Horror Story, The Politician e Pose, Murphy riesce a prendere il meglio da tutti questi prodotti (compresi alcuni attori a lui cari, come Darren Criss) e miscelarli sapientemente in un unico show che riesce perfettamente a rendere l’idea delle difficoltà e delle insidie del mondo dello spettacolo, fatto di sacrifici, sudore ma anche di tanti compromessi e gesti talvolta riprovevoli ma necessari per restare a galla.

Una serie non per tutti, ma che tutti dovrebbero vedere

Non è sicuramente una serie per tutti. Se siete appassionati del mondo del cinema e vi piace vedere cosa succede dietro la cinepresa, resterete sicuramente ammaliati da alcune dinamiche e alcune storie raccontate nel corso degli episodi. Bisogna però non cadere nell’errore di immaginare questa serie quello che non è.

Le dinamiche dell’industria cinematografica hanno infatti un ruolo importante, ma sono solo di sfondo ai personaggi e ai loro rapporti interpersonali. La serie segue tutti i protagonisti attraverso un percorso di crescita di cui la città di Los Angeles è il denominatore comune. Non a caso molti di loro vengono da fuori città e tutti restano colpiti dalla realtà di Hollywood, che li cambia profondamente, rendendoli, ad esempio, capaci di compiere gesti fino a prima impensabili.

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Con queste premesse, e ricordando che la serie ha tanti punti in comune ma anche tante divergenze con “C’era una volta ad… Hollywood“, il prodotto è sicuramente consigliato a chi ha apprezzato il film di Tarantino (a patto di tenere a mente quanto detto poc’anzi). Allo stesso modo ci sentiamo di consigliare la visione a tutti gli appassionati dei period drama che troveranno sicuramente pane per i loro denti.

A tutti gli altri, ricordando il celebre detto tra gli appassionati di serie tv “Un pilot non si nega a nessuno“, consigliamo quantomeno la visione dei primi due episodi, che permettono di farsi un’idea generale del mood della serie e decidere autonomamente se farsi ammaliare dalle scenografie e dai costumi, lasciandosi trasportare indietro nel tempo.

Si tratta, d’altronde, di una delle migliori produzioni televisive dell’anno.

VOTO: 9

HOLLYWOOD sarà disponibile su Netflix a partire dal primo maggio.

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Gabriele Pati

Gabriele Pati

Cresciuto con libri di cibernetica, insalate di matematica e una massiccia dose di cinema e tv, nel tempo libero studia ingegneria, pratica sport e cerca nuovi modi per conquistare il mondo. Vanta il poco invidiabile record di essere stato uno dei primi con un account Netflix attivo alla mezzanotte del 22 ottobre 2015.

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