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Doom Eternal, la recensione: la follia terrestre tra passato e futuro

Uno sguardo al futuro, mantenendo gli stilemi del passato. Ecco la recensione di Doom Eternal!

Doom è senza ombra di dubbio una delle saghe videoludiche più amate e longeve di sempre. Il primo capitolo è addirittura datato 1993 e fu, insieme a Wolfenstein, il più influente esempio del genere sparatutto in prima persona. Da quel momento si sono susseguiti un bel po’ di capitoli tra sequel, remake e spin-off, ma con non pochi problemi produttivi. Un esempio, infatti, è proprio il penultimo capitolo della saga, Doom (presentato inizialmente come Doom 4), il quale fu annunciato nel 2008 per poi uscire ufficialmente ben otto anni dopo. Grazie però ad un gameplay capace di unire vecchio e nuovo in un connubio esaltante e mai banale, il reboot del 2016 portò gli sviluppatori di ID Software allo sviluppo di un sequel dal titolo di Doom Eternal. Sarà riuscito a mantenere alto il nome del brand? Ecco a voi la nostra recensione.

Un comparto narrativo tutto nuovo e ricco di lore

Appena avviato il gioco veniamo catapultati all’interno di un menù in stile retrò con un inconfondibile e classico sottofondo musicale metal molto coinvolgente. Una volta premuto su Campagna e Nuovo Slot (ovvero la memoria dove andrà salvata la nostra partita) abbiamo la possibilità di scegliere la difficoltà con cui giocare e già da qui noteremo la vera anima caciarona simbolo del franchise: ci sono ben sei difficoltà differenti che vanno dalla più semplice per i neofiti alla più folle per i più temerari. Ognuna di esse ha delle caratteristiche differenti e dei nomi molto inusuali, ma scanzonati come il resto del gioco. Scelta la difficoltà, ha inizio un video che ci introduce la storia. La serie di Doom, per quanto concerne la trama, non è certamente ricordata per una storia emozionante, intrigante e ricca di colpi di scena, anzi tutto il contrario: la componente narrativa non è mai stata ben approfondita e non è mai stato l’elemento principale del brand. Con Doom Eternal, invece, abbiamo un parziale capovolgimento poiché, sebbene la storia continui a non avere un ruolo fondamentale, riesce ad essere decisamente più approfondita, ricca di lore e certamente non è più considerabile un mero riempitivo. In giro per i livelli, infatti, è possibile trovare delle documentazioni e dei segreti che esaltano i segreti e la storia dell’universo di Doom, analizzando personaggi, luoghi, armi e nemici.

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Tutto questo comporta la presenza di più dialoghi, cutscene e addirittura elementi narrativi all’interno della mappa sottoforma di ologrammi o intelligenze artificiali. Il protagonista continua a non parlare, ma in compenso vi sono un gran numero di eventi che portano la vicenda in una direzione ben precisa con lo Slayer protagonista di importanti colpi di scena. Dopotutto, questa volta, le inumane forze dell’Inferno hanno iniziato a invadere la Terra, e nel frattempo che l’Union Aerospace Corporation si sforza di difenderla, il Doom Slayer è già pronto per respingere i demoni nonostante varie forze superiori che tentano di fermarlo, tra cui Khan Maykr, un essere supremo dalla forza disumana il cui unico obiettivo è disintegrare la Terra.

Gameplay “alla Doom”, ma con un pizzico di strategia in più

Non vi preoccupate, anche se il comparto narrativo inizia a prendere più piede, il cuore vero e proprio del gioco resta il gameplay e lo si nota proprio proseguendo nelle ore di gioco. La storia, infatti, parte in un modo e continua prendendo pieghe poco precise caratterizzate da eventi forzati e colpi di scena un po’ telefonati che vanno a collimare in un finale ad effetto poco memorabile, ma certamente di forte impatto. La longevità è nettamente superiore alla media degli FPS comuni con una durata media di circa 20-25 ore in base alla difficoltà che si sceglie e al livello di esplorazione di ogni giocatore. Considerando che la componente narrativa copre davvero una piccola parte di queste ore, capite bene che non ci si può aspettare una storia incredibile. Ciò che invece ci si può aspettare è un gameplay divertente, rapido, confusionario e soprattutto folle.

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Fin dal momento in cui avviamo per la prima volta il gioco, possiamo subito capire che siamo a tutti gli effetti all’interno di un classico Doom con un occhio, però, rivolto al futuro. Ogni livello è caratterizzato da mappe grandi composte a sua volta da arene. Ogni arena presenta più livelli che si sviluppano sia in verticale che in orizzontale, ma quest’ultimi vanno sbloccati sconfiggendo le orde di nemici che avremo di fronte. All’interno di queste mappe estremamente ampie, vi sono disseminati segreti, luoghi nascosti ed equipaggiamenti e per la prima volta possiamo osservare un sapiente uso delle componenti platform sia per raggiungere altre aree, sia per muoverci tra le ondate di nemici. Il level design è, quindi, ben curato, certosino e unisce vari stilemi degli sparatutto FPS con aree che ricordano il glorioso Quake.

La mappa di ogni singola missione, inoltre, è strutturata per essere incredibilmente ricca e dettagliata sia dal punto di vista estetico e artistico che dal punto di vista meramente contenutistico. Il giocatore avrà sempre la voglia di esplorare ogni angolo e ottenere tutti i bonus e i segreti, a volte tornando anche indietro nel livello e per questo vengono in aiuto i viaggi rapidi sbloccabili alla fine di ogni livello. Questa meccanica consente di ritornare indietro in punti specifici dell’area per recuperare un determinato oggetto o potenziamento dimenticato. Sono infatti presenti un gran numero di elementi da ricercare in giro per le mappe come potenziamenti scudo, vita, i Cristalli delle Sentinelle, i Cancelli Slayer, le rune, i pupazzi segreti e tanto altro.

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Alcuni oggetti presenti in giro per la mappa ci consentiranno di sbloccare miglioramenti per le nostre armi o per le nostre abilità da usare nelle battaglie. Quest’ultime sono ancora incentrate sulle mosse finali, o Glory Kill, introdotte nel precedente capitolo e apprezzate dalla community. Grazie ad esse, infatti, è possibile uccidere i mostri dopo averli indeboliti fino a vederli lampeggiare di arancione o blu (in base al tempo che manca prima che il mostro recuperi il proprio stato di stordimento) attraverso delle azioni brutali, cruente e a tratti comiche. In Doom Eternal queste mosse speciali assumono un ruolo ben più chiaro ed elaborato rispetto al precedente capitolo, consentendo di sfruttare un connubio quasi perfetto tra strategia e istinto. Il “quasi” è d’obbligo poiché in Doom il termine “strategia” è qualcosa di inusuale e, pertanto, nonostante in questo caso sembri essere più sviluppato, resta sempre qualcosa di secondario nel corso delle varie battaglie o limitato a rari, ma presenti, bug (vedremo più avanti questo aspetto). L’azione, quindi, continua ad essere stocked and locked e dovremo essere sempre pronti all’azione anche perché nelle battaglie più complesse non basta semplicemente uccidere ogni nemico sullo schermo, ma ogni mossa deve essere ponderata in pochi secondi in modo tale da risultare efficace al massimo. Infatti, come già accadeva nel precedente Doom, i nemici contro i quali useremo una Glory Kill rilasceranno salute ed energia, mentre usando la motosega potremo ricevere munizioni, sangue e salute.

Piacevole l’idea di racchiudere le armi all’interno di alcune “famiglie” con cui ne condividono le munizioni. È possibile selezionarle attraverso una comoda griglia di selezione circolare nel corso della partita e durante la selezione la visuale andrà in rallenty, ma non si fermeranno gli attacchi e i movimenti dei nemici. Torna anche il modding delle armi: ognuna di esse, tranne alcuni casi particolari, presenta due modifiche che è possibile applicare e che si aggiungono all’attacco di default. Le sopracitate modifiche, a loro volta, possono essere potenziate accumulando punti abilità tramite uccisioni o obiettivi speciali. Un esempio di modifica si ha con il fucile a pompa iniziale che può poi sparare granate o diventare una sorta di mini rail-gun o con il fucile d’assalto che può sparare mini-razzi. Si può applicare solo una modifica alla volta, ma si può selezionare la modifica più opportuna anche durante le missioni così da osservare effetti differenti anche nel corso degli scontri. In questo modo si possono avere innumerevoli modalità di gioco e di approccio alla battaglia, anche se alla fine verranno sfruttate appieno solo poche decine di modifiche.

Avremo a disposizione anche altre chicche come ad esempio il modding dell’armatura che vede, tra le altre cose, un lanciafiamme da spalla che, se usato contro i nemici, ci permetterà di recuperare armatura o vita a seconda della scelta da noi compiuta nell’albero delle abilità. Se dopo averli incendiati si riuscirà a dare il colpo di grazia con la motosega, questa funzionerà come una sorta di moltiplicatore delle risorse. Insomma, sono proprio questi aspetti che garantiscono un minimo di strategia, così come l’introduzione di un sistema di vite alla “SuperMario” caratterizzato dalla presenza di caschi in giro per la mappa che permettono di non morire immediatamente, ma di avere delle vite bonus con cui ricominciare a giocare dal punto in cui si è morti. Quest’ultima aggiunta è una sorta di toppa alla mancanza di un salvataggio manuale tanto richiesto dalla community, ma che resta automatico e limitato a checkpoint presenti al superamento di ogni arena. In Doom Eternal il protagonista ha un livello di agilità mai vista prima: può attaccarsi a delle barre di metallo per prendere lo slancio e saltare, ha un doppio salto più funzionale, un doppio spostamento fulmineo in tutte le direzioni e può anche attaccarsi alle pareti rocciose per procedere lungo i livelli più alti o bassi della mappa. Addirittura è presente anche un rampino in uno dei fucili che possiede così che, una volta scagliato contro un demone, lo si può raggiungere istantaneamente per poi ucciderlo con una epica Glory Kill.

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Doom Eternal, inoltre, non ha un vero e proprio tutorial, bensì ad ogni nuova arma, abilità o nemico ci comparirà un piccolo riquadro introduttivo o verremo catapultati all’interno di una mappa virtuale in cui testare le relative novità. Un’idea già vista nel precedente capitolo, ma maggiormente approfondita e curata in questo nuovo capitolo. Ciò che invece ci ha convinti di meno è l’eccessiva struttura ad arena di alcune mappe che abbandonano totalmente la struttura semi-aperta dei precedenti capitoli del franchise. Ci sono, infatti, delle mappe dove per andare avanti necessita obbligatoriamente uccidere tutti i demoni presenti e le suddette mappe presentano delle arene piccole e claustrofobiche composte da un gran numero di nemici spesso molto complessi. Stessa cosa avviene per le epiche boss fight, ma se per quest’ultime il senso di confusione è limitato da una lotta il più delle volte 1vs1, nel caso degli sconti normali il senso di frustrazione è spesso molto alto. È vero, si sa che Doom è un gioco punitivo e che mette a dura prova le abilità dei giocatori, però alcune aree potevano forse essere organizzate un po’ meglio. Altro aspetto che poteva essere curato è la ripetitività delle missioni e dei nemici: nel precedente capitolo, infatti, questo aspetto era stato lievemente limitato dalla presenza, ad esempio, di missioni inerenti allo sblocco di aree tramite l’attivazione di reti elettriche o il recupero di alcuni oggetti. In Doom Eternal, queste missioni sono quasi inesistenti e sono state sostituite, invece, da macroaree ricche di segreti e luoghi da scoprire, ma caratterizzate dalla presenza di demoni a sua volta praticamente identici fin dall’inizio del gioco. Siamo consapevoli che si tratta di un marchio di fabbrica del franchise, ma dato l’abbondante numero di ore necessarie al completamento del gioco, avremmo gradito una maggiore varietà di nemici e missioni di gioco.

Interessante l’introduzione degli eventi segreti, ovvero combattimenti a tempo che avvengono all’interno di un determinato livello, in zone limitrofe all’elemento di interazione e chiedono di far fuori numerosi gruppi di nemici, ben coadiuvati nelle loro combinazioni, prima che il timer, sempre inferiore ai 30 secondi, scada. La particolarità di questa attività extra è che può essere ripetuta continuamente qualora venissero fallite ma tutte le munizioni, l’energia e la corazza consumati non vengono ripristinati, costringendo il giocatore ad essere molto attento in ogni sua decisione così da aumentare la rigiocabilità e la giocabilità generale. In ogni caso possono essere usati anche i sopracitati viaggi rapidi.

Un unico divertente, ma impegnativo, multiplayer tutto da scoprire

Il multiplayer di Doom Eternal merita una menzione particolare essendo stato totalmente rivisto e rivisitato rispetto al precedente capitolo. Premettiamo che avendo testato il gioco in anteprima, non abbiamo potuto godere appieno di tutte le novità dato che i server erano praticamente disabilitati, ma abbiamo potuto osservare una Battlemode più dedicata alle richieste da parte della community. Ciò che infatti mancava nel capitolo del 2016 era un’esperienza unica e coinvolgente, che invece diventava una sorta di riempitivo con una marea di modalità differenti alcune delle quali poco organiche e incoerenti con il resto del gioco In Doom Eternal, invece, gli sviluppatori hanno voluto realizzare una sola modalità di gioco che si svolge in sei differenti arene. Si tratta sostanzialmente di partite 2vs1 in cui un giocatore controlla lo Slayer e due giocatori controllano differenti demoni selezionabili da una rosa di cinque varianti che si andranno ad aggiornare gratuitamente nel corso del tempo. I rispettivi scopi sono chiari: sconfiggersi a vicenda. La particolarità, però, sta che mentre lo Slayer può vantare una rosa di armi e di abilità incredibili, i demoni possono vantare una rosa di evocazioni demoniache altrettanto incredibili e potenti. Di fatto, quindi, lo Slayer non combatterà unicamente con i due demoni avversari, ma con delle ondate demoniache pazzesche. Detta così potrebbe essere una partita impari, ma in realtà la battaglia dovrebbe essere ben bilanciata, decisamente divertente e impegnativa sia da un lato che dall’altro. Approfondiremo certamente questo aspetto più avanti quando i server saranno ricchi di giocatori e interamente funzionanti.

“Che paesaggio stupendo, c’è pure un Arachnotron compenetrato!”

Dal punto di vista tecnico è impossibile non menzionare la meravigliosa grafica e lo strabiliante ingresso dell’ultima versione del motore grafico più performante e versatile dell’industria videoludica denominato id Tech. Sarà il cambio di ambientazione che sulla Terra ci porterà ad osservare imponenti statue, enormi cattedrali e monumenti di roccia ben lontani dai monotoni scorci offerti da Marte. Sarà che gli sviluppatori hanno voluto abbandonare parzialmente l’effetto fantascienza pesante, dedicandosi ad un’estetica che sembra abbracciare un esoterismo reinterpretato in veste più fantasy, ma il risultato finale è semplicemente sublime. Confermati anche i 60 FPS stabili sia su PlayStation 4 che su PlayStation 4 Pro, nonché le console su cui abbiamo testato il gioco, anche se sulla prima la qualità delle texture viene parzialmente abbassata a fronte di un frame rate stabile.

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Per quanto riguarda l’intelligenza artificiale sono stati fatti grossi passi avanti, ma restano ancora dei piccoli problemi che si vanno ad unire a dei rari, ma presenti bug. Capiterà, infatti, di osservare ad esempio gli Arachnotron, degli scattanti cervelli su zampe di ragno robotiche capaci di arrampicarsi su muri e sui soffitti, compenetrarsi all’interno di piccole aree e iniziare a sparare verso la nostra direzione senza capire che sopra vi è una roccia che non permette di far raggiungere i loro colpi nella nostra direzione e continueranno ad attaccarci fino a quando non saremo noi ad attaccare loro. Abbiamo osservato questo comportamento anche in altri demoni come ad esempio nel caso dei Flagellanti, ma in quest’ultimo caso essendo più agili e piccoli sono riusciti ad uscire autonomamente dalla compenetrazione. L’intelligenza artificiale, quindi, si basa su un inseguimento costante del protagonista da parte dei demoni i quali faranno di tutto per colpirlo anche senza vederlo o senza che ne abbiano la reale possibilità. Non studiano, quindi, delle tattiche per circondarci o per sviare i nostri attacchi, ma la loro tattica è sempre quella di attaccarci frontalmente sfoderando tutta la loro forza demoniaca. Nel caso in cui, però, saremo noi ad ingaggiare per primi l’attacco, allora i demoni più potenti cercheranno di fuggire momentaneamente per poi continuare ad attaccarci frontalmente nel primo momento utile per farci più male.

Dal punto di vista del comparto audio, infine, ci sono molti alti, ma anche qualche basso: la colonna sonora è sempre caratterizzata da brani metal e hard rock molto potenti e coinvolgenti classici del compositore Mick Gordon. Il suono delle armi continua ad essere poco realistico e poco incisivo con un fastidioso effetto ovattato come accadeva anche nel precedente capitolo (questo avviene soprattutto con gli altoparlanti della Tv o di un monitor, mentre con le cuffie non si hanno particolari problemi sebbene siano ugualmente presenti). Infine ottimo e di pregevole fattura il doppiaggio in italiano.

In conclusione…

Doom Eternal, in conclusione, è un ottimo capitolo e senza ombra di dubbio uno dei migliori del franchise. La sensazione generale è quella di un bel ritorno a casa caratterizzato da un’incredibile azione adrenalinica e violenza 100% in stile Doom, ma senza abbandonare la voglia di innovazione con la componente narrativa più delineata e la componente GDR più curata. Ci sono delle sbavature nel level design e nel comparto sonoro, ma sono piccolezze dinnanzi alla minuziosità e alla grandezza del lavoro svolto da ID Software.

Pro

  • Uno dei capitoli più complessi e folli di sempre
  • Tanti segreti da scoprire e aree da esplorare
  • Graficamente è sublime

Contro

  • Comparto audio altalenante per quanto riguarda le armi
  • Level design con qualche piccola sbavatura
  • Intelligenza artificiale migliorabile

VOTO: 9/10

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Giovanni Arestia

Giovanni Arestia

Ingegnere informatico con la strana passione per la scrittura. Essa, unita alla passione per la tecnologia, mi ha portato ad essere qui. Chiamatemi pure Gioare, ormai anche i miei genitori mi conoscono così.

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