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Concrete Genie – Recensione, l’arte come mezzo di liberazione

Sony e Pixelopus confezionano un’esclusiva PlayStation dove l’arte incontra la volontà di riscatto di una città…

Se c’è una cosa che il sottoscritto, invece, ha riportato alla memoria giocando a Concrete Genie e scrivendo, nonché rileggendo, la recensione è che la propria immaginazione (soprattutto se ci si considera artisti) può risultare la chiave di volta in grado di plasmare un nuovo mondo e un nuovo futuro, per sé e per gli altri. Probabilmente questa lezione, il giovane Ash l’ha imparata durante l’arco della sua avventura per far rifiorire Denska, la città della sua infanzia caduta in disgrazia e abbandonata per una serie di problematiche che l’hanno fatta collassare. Tuttavia, non c’è prigione o malinconia che possano imprigionare il cuore di una persona libera come il protagonista, il quale raccolta la sfida sfrutta il mezzo più importante che conosca per porsi al centro di una rinascita che lo porterà a conoscere l’oscuro segreto che attanaglia il luogo della sua felice infanzia.

Denska appare fin da subito un posto tutt’altro che abbandonato e solitario. Agli occhi di un ragazzino, come è Ash, la città è un luogo carico di ricordi e come tale permeato da un velo di magia e nostalgia che si fa subito sentire nei primissimi momenti di gioco. Tuttavia, il suo ruolo è ben più ampio di un semplice teatro dove si svolgono le gesta dell’eroe. La sua atmosfera che permea l’intero luogo (e l’intera avventura) è sospesa tra la più comune normalità e il magico, quasi come se fosse un bosco delle fiabe dove tutto può accadere, dove a ogni angolo è possibile respirare quella sensazione di mistero mista a curiosità. Denska appare quasi come un luogo metafisico, ma che sedimenta le sue radici proprio nella realtà, in particolar modo quella del suo fallimento che conosceremo via via trovando e leggendo le varie pagine di giornale sparse in giro per i vicoli. Articoli che riportano le trame di un disastro che prende via via forme sempre più concrete e a noi familiari (si parla di una crisi che ha messo in ginocchio l’economia della città) e a cui è seguito un esodo, ma a cui fanno da contraltare i flashback di Ash che ci regalano colorati stralci di vita fiorente, lontani anni luce dalla desolazione attuale. Con queste premesse, non si può dire non considera Denska come un elemento centrale di Concrete Genie, un punto focale dove convergono tutti vari temi del titolo Sony, non limitandosi ad essere semplicemente “la tela dell’artista” dove sfogare le necessità di gameplay che sono alla base del gioco.
Nella sua ingenua semplicità, il titolo di Pixelopus riesce a unire il fisico e il metafisico, le mere ragioni umane conseguenza di ciò che è al di là di esse e che albergano sopite nel mondo che circonda il protagonista. Tra il magico e il comune, la città di Denska è sia un enorme parco giochi dove dar realmente vita alla propria creatività sia una importante crocevia dei temi che cerca di veicolare.

Concrete Genie

Immedesimarsi in Ash non è affatto difficile. Il protagonista della storia è un solitario giovane che ama passare il suo tempo nel luogo della sua infanzia e a disegnare schizzi e paesaggi sul suo fidato taccuino, perseguitato e vessato dai bulli che infestano Denska, i quali sembrano più dediti a distruggere ciò che rimane della città risultando di per sé gli antagonisti effettivi di questa storia. Se prima vi abbiamo accennato una viva presenza dell’elemento fisico e metafisico lungo tutta la storia, ora è chiaro come la “battaglia per Denska” si giochi a più livelli: da un lato quello fisico e materialista che vede Ash da una parte del ring e i bulli dall’altro, e quello metafisico dall’altro che vede i Luna e i vari geni (i frutti dell’arte del ragazzo) contro “l’oscurità” che attanaglia la città. Entrambi questi scontri si giocano anche su due livelli che costituiscono tutta l’ossatura del gameplay. Sicuramente, l’aspetto più interessante è proprio relativo al secondo caso che abbiamo citato. Nelle prime ore di gioco, laddove la normalità incontra il fantastico, Ash entra in possesso di un pennello magico che gli consentirà di pitturare sui muri della città e di un folletto che gli consentirà di dar vita alle proprie creature.
L’approccio al disegno – c’è da ammetterlo – non è proprio immediato. Durante la nostra prova, abbiamo iniziato il gameplay con un pad cablato, ma ci siamo subito resi conto che lo stesso non supportava il sensore di movimento presente nei pad in dotazione con la PS4. Certo, aggirare il problema è molto semplice e per molti potrebbe non costituire un vero problema, tuttavia è consigliabile tenere a mente questo prima di approcciarsi al gioco. Detto questo, il sistema di movimento sarà il mezzo che ci consentirà di cambiare il volto di Denska: puntato il pennello verso il muro ciò che resta da fare sarà dare sfogo alla nostra creatività scegliendo dall’album ciò che desideriamo. Che sia un cielo stellato o una prateria, un bosco con tanto di falò oppure soffioni e farfalla non farà differenza fino a quando saremo in grado di ridare luce agli spenti lumi che ornano tutta la cittadina. Il nostro obiettivo quadro per quadro (o quartiere per quartiere) sarà quella di illuminare la città, ridandogli vigore e bellezza e scacciando così l’oscurità. Tuttavia, come avvertono i genitori del ragazzo, Denska è un luogo irto di pericoli e difficoltà, troppo grandi per essere superate da un ragazzino solitario. Ed è a questo punto che entrano i giochi i famosi geni, le simpatiche creature che campeggiano nei vari materiali promozionali.

I geni sono la chiave di volta del gameplay, coloro che permetteranno ad Ash di proseguire nella sua missione. Nati dalla mente del ragazzo, verranno animati dal potere del pennello e del folletto ospite del nostro zaino, la loro personalizzazione è tutta nelle nostre mani. Non ci sono caratteristiche precise, potremo dare loro la forma che desideriamo, l’unico limite è rappresentato dai bozzetti che troveremo sparsi nella mappa di gioco e che di fatto costituiscono il modo per incrementare gli elementi che possiamo inserire ai geni nel momento della loro creazione. La forma scelta, inoltre, andrà a influenzare anche i loro comportamenti, permettendoci di crearne diversi con diverso temperamento. Ognuno di essi avrà anche delle preferenze e ci chiederà di soddisfarlo andando a disegnare ciò che desidera. Un genio felice è un genio utile e compiacere i nostri amici bidimensionali è necessario per ottenere la super-pittura, strumento che ci permetterà di dipanare le tenebre insite nei muri, rendendoli di fatto terreno fertile per le nostre creazioni. L’utilità dei geni ai fini della progressione va ben oltre quanto affermato, però. Concrete Genie, infatti, sfrutta una meccanica che ricorda quanto sperimentato da Nintendo con Pikmin: ogni genio avrà un tipo differente (associato ad un colore) che sbloccheremo via via che proseguiremo e ognuno sarà dotato di un’abilità utile per poter superare gli ostacoli presenti nei diversi quadri. Così, ci ritroveremo a dover sfruttare un genio rosso per poter dar fuoco a delle travi di legno per aprirci una porta oppure sfrutteremo un genio giallo per elettrificare dei quadri elettrici in disuso affinché possano funzionare nuovamente, e così via. Certo, la complessità generale non è di certo quella del titolo della Grande N, tutt’altro, ma l’idea che ognuna delle nostre creazioni obbedisca ad un determinato tipo che ci sarà utile per la nostra avventura, si configura come una meccanica che dona maggiore spessore ad un gameplay di suo già non troppo profondo.

Concrete Genie
Abbastanza approssimativa, invece, ci è sembrata la componente parkour (sì perché ce n’è una!) e su questo bisogna aprire un piccolo discorso a parte. Di per sé, l’idea di rendere Ash un abile scalatore non è affatto male, le sezioni in cui bisogna appendersi qua e là e saltare di tetto in tetto sono ben calibrate e risultano anche piacevoli. Vivere Denska dall’alto è interessante, così come saltare da un edificio all’altro per recuperare i bozzetti perduti in giro per la città, tuttavia l’unica pecca di questo sistema sta nel fatto che sia stata implementata in modo piuttosto approssimativo: sembra gli sviluppatori abbiano preso di peso la meccanica da un qualsiasi Assassin’s Creed e l’abbiano inserita di forza all’interno di Concrete Genie. Ash si comporta allo stesso modo di un qualsiasi assassino della saga Ubisoft, appendendosi e saltando da una sporgenza all’altra. A farci storcere il naso sono anche le animazioni non proprio curatissime dello stesso e non fluide che ci hanno fatto spesso chiedere dello stato dei muscoli addominali del ragazzino per potersi permettere quei tipi di movimento assolutamente sbalorditivi. Il nocciolo della questione, però, non è tanto l’implementazione del parkour in sé, ma l’effettiva gestione dello stesso: da un lato abbiamo la possibilità di calarci da alture sfruttando pennello e cavi elettrici come fosse una zip line (con un’animazione per altro carina e assolutamente contestualizzata) e dall’altro arrampicate poco plausibili con tanto di salti di frame (l’animazione che accompagna lo spostamento da un appoggio all’altro praticamente non esiste).

Concrete Genie

Lungo tutto l’arco del gioco si respira una importantissima morale che non solo fa da sfondo alle vicende del gioco, ma rappresenta le radici attorno a cui convergono tutte le storie che incroceremo: quella di Denska, quella di Ash, e persino quella dei bulli. Concrete Genie, a conti fatti, narra la storia di una liberazione attraverso l’arte, protagonista e mezzo nelle mani di un eroe giusto. Ash è proprio quest’eroe che, senza macchia e senza paura, e libero da qualsiasi tipo di emozione negativa si carica sulle spalle un pesante fardello donatogli. Nulla è in grado di disturbarlo e con il suo approccio positivo al mondo che lo circonda, si distacca dal mondo intorno a sé, che al contrario respira un’aria malsana e corrotta, e riesce ad interfacciarsi e dialogare con lo straordinario, che gli altri non riescono a cogliere e considerano qualcosa di mostruoso e da cui stare lontani. Non a caso Luna, il primo genio, viene definito come “il fantasma del faro” oppure basterebbe notare come i geni e tutto ciò che abbiamo disegnato appassisca e ingrigisca (quasi a scomparire) quando saremo inseguiti dalla banda. Anche questi ultimi avranno un ruolo in trama e conosceremo la loro storia e le loro motivazioni, nemmeno a dirlo, grazie al “contatto con l’arte” (ci riserviamo di essere vaghi per evitare qualunque spoiler), arte che si dimostra essere l’unico antidoto per sconfiggere “l’oscurità”. Così l’arte è pura liberazione a qualunque livello la si osservi: liberazione da un pericolo metafisico, liberazione a un livello puramente fisico e infine liberazione a un livello più intimo e interiore, configurandosi così in secondo luogo come “rinascita”. Chi pratica l’arte è libero e Ash ne è la dimostrazione.

Concrete Genie ci è piaciuto molto e pertanto ne consigliamo l’acquisto all’onestissimo prezzo di mercato corrente (trenta euro circa). Pixelopus ha creato un’ottima opera che di sicuro lascia il fianco scoperto a diversi problemi, ma nel complesso riesce a regalare svariate ore di divertimento che possono assolutamente aumentare grazie alla modalità di disegno libero e/o nel caso in cui decidessimo di raccogliere tutti i collezionabili presenti in mappa. Concrete Genie non è di sicuro un must-have e questo bisogna ammetterlo, ma si tratta di un titolo atipico, interessante e che va rinforzare con qualità la già nutrita schiera di esclusive PlayStation.

VOTO: 8.2

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