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Age of Wonders: Planetfall, la recensione – Il ritorno di un grande classico in salsa sci-fi

Age of Wonders torna in una veste del tutto nuova. Ecco la nostra recensione!

L’anno scorso, nel corso della Paradox Con, l’azienda svedese ha voluto sottolineare le sue priorità: mantenere aggiornati i loro titoli principali e concentrarsi sulla produzione di Grand Strategy del calibro di Imperator: Rome. Molti videro quella decisione come qualcosa di irraggiungibile perché troppo grande per un’azienda come Paradox. In quell’occasione, però, era stato anche mostrato un titolo leggermente distaccato dai tanti strategici annunciati, se non altro per la sua appartenenza al sottogenere 4X e la volontà di stravolgere in parte la sua serie di origine. Il titolo in questione, presentato anche nel corso dell’ultimo E3, è Age of Wonders: Planetfall: protagonista di questa recensione.

Cosa è Age of Wonders?

Prima di iniziare con la recensione vera e propria, però, crediamo sia di fondamentale importanza spiegare brevemente cosa è la saga di Age of Wonders. Si tratta di un videogioco strategico a turni pubblicato nel 1999 per Windows che, grazie a delle buone valutazioni da parte della critica, ha avuto ben tre seguiti: Age of Wonders II: The Wizard’s Throne, Age of Wonders: Shadow Magic e Age of Wonders III. La peculiarità della saga è stata senz’altro l’ambientazione fantasy caratterizzata dalla presenza di elfi, nani e umani – quest’ultimi visti come gli antagonisti. Il titolo vedeva poi la presenza di due fazioni: i Guardiani, che intendevano preservare l’armonia e la pace sulla Terra, inclusa la presenza degli umani, e il Culto delle Tempeste, che intendeva sterminare gli umani e ripristinare l’ordine sotto il proprio comando. Dal punto di vista del gameplay era all’epoca quasi rivoluzionaria la possibilità di giocare sia a turni che in simultanea in modo tale che i giocatori giocassero le loro mosse a ogni turno contemporaneamente, e il più rapido nel dare l’ordine osservava la sua mossa eseguita prima dell’altro, come in una coda. I titoli poi prevedevano una campagna non lineare per giocatore singolo, giocabile dal punto di vista delle due fazioni, e vari scenari a sé stanti giocabili sia in singolo sia in multigiocatore.

“Planetfall” è molto più di un semplice nome

Dopo questa doverosa introduzione è arrivato il momento della recensione effettiva, non prima, però, di una apparente piccola, ma fondamentale, premessa. Il termine “Planetfall” presente nel titolo non è lì per caso, ma tutto l’intero gioco gira attorno ad esso. La campagna gira infatti attorno alle rovine di un glorioso impero spaziale chiamato “Unione Stellare” e su una serie di fazioni desiderose di utilizzare le sue tecnologie perdute per ottenere il dominio totale sull’universo. Spiegato in questi termini potrebbe sembrare ugualmente banale, ma in realtà rappresenta una sorta di rivoluzione della serie: in primis perché viene totalmente abbandonata l’ambientazione fantasy a discapito di un’ambientazione sci-fi, secondariamente perché viene dato più risalto alle singole fazioni presenti nel gioco. Ogni gruppo ha infatti una natura estremamente unica che viene ben narrata e descritta nel corso della modalità campagna, e va dall’esercito di coloni spaziali spintosi troppo in periferia durante le loro esplorazioni, siano agli insettoidi liberatasi dalla schiavitù dei loro precedenti dominatori, passando addirittura per le amazzoni che, grazie alla loro conoscenza delle biotecnologie, mutano sesso e cavalcano poderosi dinosauri.

Fazioni e “Fine del Mondo”

Fazioni così variopinte hanno permesso agli sviluppatori di sbizzarrirsi nella creazione di una miriade di caratteristiche particolare e unità dedicate e persino di offrire al giocatore una tecnologia avanzata selezionabile ad inizio campagna e utilizzabile a fine gioco, dopo aver completato l’albero delle tecnologie e prodotto il progetto finale, sotto forma di “Fine del Mondo”. Queste tecnologie possono portare all’utilizzo di un’arma di distruzione di massa o addirittura manipolare lo spazio-tempo. La più divertente, a nostro dire, è la Xenoplague: un microbo che infetta tutte le forme di vita per integrarle in una singola mente alveare.

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La presenza di fazioni così disomogenee, varie e interessanti in realtà rappresenta solo la punta dell’iceberg. Il gioco inizia con la scelta della fazione e. soprattutto. con la creazione del nostro comandante attraverso un editor inaspettato e nettamente al di sopra di altri editor di creazione, sia di giochi simili che di altri che dovrebbero fare dell’editor il loro cavallo di battaglia. Qui abbiamo la possibilità di modificare l’aspetto, il colore dei capelli, la postura e addirittura la forma degli occhi, il torso e aggiungere o togliere accessori. Potremo, ovviamente, scegliere il suo nome, ma anche il simbolo e il colore dello stendardo. Al termine di ciò verremo catapultati in una città all’interno di una enorme mappa disseminata di rovine contenenti le tecnologie da ricercare e i nostri attivissimi nemici. È subito chiaro che gli elementi principali del gioco sono l’esplorazione e lo sviluppo, ci vengono indicati anche nel lungo e nel funzionale tutorial iniziale; ma per quanto questi siano anche le priorità degli avversari, ci sono alcuni “codici d’onore” appartenenti ad ogni fazione che andrebbero rispettati; infatti, ogni gruppo presente nel gioco, oltre ad avere delle caratteristiche peculiari per quanto riguarda armi, tecnologie e unità, ha dei diversi modi comportarsi: c’è chi possiede un’indole più neutrale, chi pacifica e chi più aggressiva. Questo determinerà fortemente il progresso del gioco poiché c’è chi cercherà degli accordi diplomatici, penserà a difendersi oppure prevalere con la forza. Durante l’esplorazione questo è fondamentale da sapere perché potrà capitare che fin dall’inizio di ritrovarci a fronteggiare una battaglia e dovremo essere pronti a difenderci, oppure dovremo essere noi stessi a prevalere con la forza.

Tecnica e tattica alle stelle, ma IA non eccelsa

Gli scontri dopotutto sono molto simili ai precedenti Age of Wonders, ma l’ottimo sistema di combattimento e stato modificato per adattarlo ad un sistema a turni con mappa a griglia esagonale molto simile a quello degli ultimi X-COM. Ci troveremo quindi a dover fronteggiare molte sparatorie dalla distanza, una maggiore enfasi sul posizionamento e mappe parzialmente interattive: insomma tutto più tattico e tecnico. A questo va aggiunto che ogni fazione ha dalla sua tantissime unità di gioco e alcune sono specializzate per eliminare solo un determinato tipo di nemici; inoltre ogni unità può a sua volta essere modificata con oltre 21 variazioni e il sistema è così ben studiato da permettere alle unità base iniziali di essere utili e forti anche nei turni più avanzati, salvo averle ben specializzate e potenziate a dovere. Sul campo di battaglia questi cambiamenti pagano soprattutto se si combinano con un’altra importante meccanica: lo “stagger”. Questo non è altro che un indice di stordimento aumentabile a forza di attacchi ed è pensato per diminuire il numero di punti azione del nemico prima del suo turno. In parole povere, se si utilizzano gli elementi distruttibili della mappa, attacchi speciali o semplici assalti da posizioni di vantaggio, si possono interrompere o limitare le azioni nemiche, e anche  nemici possono fare lo stesso con noi. Questo non fa altro che aumentare nettamente la tensione poiché basta una scelta sbagliata per mandare in fumo un piano quasi nella sua interezza. A sua volta è però molto soddisfacente quando le nostre unità si salvano per un errore concettuale del nemico.

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Sarebbe meglio non abusare di tale meccanica, sia perché i nemici potrebbero prevedere le nostre mosse e sia perché l’intelligenza artificiale non è perfetta e rischieremmo di fallire miseramente nonostante i piani perfetti. Non è raro osservare, infatti, delle scelte da parte della IA a dir poco inusuali, come ad esempio posizionarsi a campo aperto avendo a poca distanza una collina riparata, oppure truppe che si muovono casualmente a causa di piccoli bug sul terreno di gioco. Fortunatamente sono episodi abbastanza rari, ma quando accadono disturbano non poco la strategia di gioco. In ogni caso gli elementi di gameplay non hanno molto di rivoluzionario, dopotutto Paradox ci ha insegnato negli anni che i suoi prodotti rasentano la perfezione. Qui infatti troviamo un sistema gestionale ben congegnato con condizioni di vittoria classiche (dominazione totale, diplomazia, ultimo sopravvissuto o apocalisse), ma con la possibilità di scegliere come vincere. Potremo vincere eliminando tutti gli avversari, raggiungendo tutti gli obiettivi o addirittura completando tutto l’albero delle tecnologie per sbloccare l’arma finale (appunto apocalisse). Il tutto presenta poi terreni con qualità variabili legate alla produzione di risorse o a bonus in battaglia molto utili nei momenti più difficili.

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Niente di rivoluzionario non significa che non vi siano delle novità per quanto riguarda la serie in generale. Le più importanti sono un sistema di colonie adattabile ad ogni situazione e la scelta di inserire in ogni città delle armate generate casualmente. La prima non è altro che la presenza di una serie di semplici opzioni che permettono di scegliere a proprio piacimento le caratteristiche delle fazioni avversarie. Risulta più automatizzato rispetto ad altri titoli della Paradox, ma più gestibile e profondo. Potremo scegliere infatti la difficoltà, il numero di risorse, il numero di unità e addirittura il leader. Il secondo invece permette la presenza di unità all’interno di ogni città che possono venire potenziate con specifiche strutture per facilitare il mantenimento dei propri territori quando si va in esplorazione con l’armata principale. Queste due novità, ben inserite nel contesto generale, sono una sorta di regalo ai fan della saga che li chiedevano da tempo.

Qualche problema di troppo, ma comparto audio al top!

Dal punto di vista grafico siamo davanti ad una sorta di X-COM più colorato, vivace e con più elementi poligonali su schermo. I personaggi sono davvero belli e ben dettagliati, ogni miglioria o potenziamento è visibile e in alcuni casi rendono meravigliose anche le unità più semplici. Nella versione da noi provata, ovvero per PlayStation 4, abbiamo notato un leggero downgrade grafico nelle azioni più concitate per mantenere stabile il frame rate, ma abbiamo anche notato dei leggeri freeze, glitch e rallentamenti nel caricamento delle texture. La software house ha voluto sottolineare che è consapevole di questi problemi e che nella versione PC verranno corretti al lancio con una patch; restiamo quindi in attesa degli stessi miglioramenti per la versione console. Menzione d’onore per il doppiaggio (anche se è presente qualche errore di sincronizzazione), i suoni ambientali e la colonna sonora davvero ben realizzati. Finalmente è stato tolto il fastidioso problema di volume tra la voce dei personaggi e la musica e quest’ultima presenta delle note rockeggianti ed elettroniche che coinvolgono e rendono più accattivanti le giocate.

In conclusione…

In conclusione Age of Wonders: Planetfall è un gioco che farà scendere le lacrimucce a tutti gli amanti del genere. Amalgama alla perfezione gli aspetti positivi dei precedenti capitoli e alcune gradite novità all’interno di un’ambientazione sci-fi gradevole e appassionante. Le fazioni di gioco sono complesse e ben caratterizzate, le partite sono tecniche e tattiche al punto giusto con un ottimo bilanciamento della difficoltà. Peccato per l’IA non eccelsa e per qualche bug di troppo che non lo rendono il miglior capitolo della saga (anche per rispetto delle pietre miliari), ma certamente il più divertente, atipico e variopinto.

Pro

  • Tante fazioni ben caratterizzate e differenziate
  • Si prediligono la tattica e la tecnica, ma la difficoltà è ben bilanciata e le meccaniche di gioco molto interessanti
  • Vero 4X solido e funzionale come non si vedeva da tempo

Contro

  • Intelligenza artificiale non perfetta
  • Un po’ troppi problemi tecnici per la tipologia di gioco

VOTO: 8/10

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Giovanni Arestia

Giovanni Arestia

Ingegnere informatico con la strana passione per la scrittura. Essa, unita alla passione per la tecnologia, mi ha portato ad essere qui. Chiamatemi pure Gioare, ormai anche i miei genitori mi conoscono così.

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