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A cinquant’anni dall’allunaggio: una generazione di sognatori con con gli occhi lucidi e il naso all’insù

«Sei tu quello fuori posto: sei nato quarant’anni troppo tardi o quarant’anni troppo presto» (Interstellar, 2014)

Si, siamo decisamente fuori posto. Nati troppo tardi per esplorare la Terra, nati troppo presto per esplorare l’Universo. E perdonatemi se, anche io, abuso di questa frase nata dalla mente di qualche anonimo pensatore e poi rimbalzata sui social più disparati come didascalia di foto più o meno lecite che trasudano wanderlust da ogni poro.

Perdonatemi se la uso, dicevo, ma è una frase che esprime perfettamente il senso di oppressione che più di qualcuno, me compreso, vive al giorno d’oggi, consapevole di essere un granello di sabbia in un mondo che sta iniziando a starci stretto.

Capitemi. Ho vissuto a cavallo tra due secoli, spalmati in tre decenni, vivendo il passaggio da un millennio all’altro. E non ho nemmeno 30 anni. Che fortuna, direte voi. Eppure io nella notte tra il 31 dicembre 1999 e il primo gennaio 2000 non mi sentivo fortunato. No, tutt’altro. Anzi, guardavo il cielo illuminato dal bagliore dei fuochi d’artificio, ma non per osservare le maestranze pirotecniche fare sfoggio delle loro abilità. No. guardavo oltre. Guardavo la Luna. Guardavo lo spazio siderale. E sognavo di essere lì.

Qualcuno ha avuto la fortuna di essere lì per davvero. Ed è in quel momento che inizia il nostro viaggio. Il 20 luglio di 50 anni fa.

Correva l’anno 1969. In verità qualcuno nello spazio era già stato anche in precedenza (il sovietico Yuri Gagarin fu il primo essere umano a raggiungere lo spazio quando entrò in orbita terrestre sulla navetta Vostok 1 il 12 aprile 1961) ma il 20 luglio del 1969 è una data importante. La prima volta che abbiamo messo piede su un suolo “alieno“. Che belle le prime volte, si potesse vivere sempre di nuove esperienze saremmo decisamente più felici.

Yuri Gagarin 11

Yuri Gagarin

L’astronauta americano Neil Armstrong, comandante della missione Apollo 11, fu la prima persona a mettere piede sulla Luna. Armstrong ricevette il supporto del pilota del modulo di comando Michael Collins e del pilota del modulo lunare Buzz Aldrin in un evento seguito da più di 500 milioni di persone in tutto il mondo. L’atterraggio sulla Luna venne interpretato come uno dei momenti più significativi del ventesimo secolo e le parole di Armstrong riecheggiano ancora oggi:

«Questo è un piccolo passo per un uomo, un grande balzo per l’umanità»

apollo 11 crew shot1

Neil Armstrong, Michael Collins, Buzz Aldrin

Da quel momento in poi, le cose non furono più come prima. Non potevano esserlo. Avevamo, per la prima volta, messo piede al di fuori del nostro piccolo, insignificante, indifeso pianetucolo. Una dichiarazione di esistenza. un “Ehi, ci sono anche io!” rivolto a non si sa chi. Sicuramente una disarmante dimostrazione di forza da parte degli Stati Uniti, che, anticipando l’Unione Sovietica, avevano vinto una battaglia dell’annosa guerra sul “chi ce l’ha più lungo“.

Quisquilie politiche da Guerra Fredda a parte, il più grande merito che va riconosciuto alle donne e agli uomini che hanno contribuito a raggiunge questo risultato, è quello di aver creato una generazione di sognatori. Lo spazio non è più una cosa lontana, impossibile da raggiungere. E allora tutti con lo sguardo all’insù , sognando di viaggiare tra le stelle e di colonizzare mondi lontani.

Margaret Hamilton, Software Engineering Division del programma Apollo posa affianco al codice scritto da lei

Fantasia? Per adesso sicuramente si. Le difficoltà sono tante, i costi non abbordabili e probabilmente dovremo rinunciare al nostro sogno di vivere lo spazio in prima persona. Ci dovremo accontentare del cinema, della televisione, dei videogiochi, del mondo dell’intrattenimento in generale che ancora prima di raggiungere lo storico risultato che siamo qui oggi a celebrare, già sognava in grande e lontano.

L’uomo ha sempre sognato lo spazio, fin da quando era impossibile, fin da quando mancavano i mezzi materiali per capire cosa succedesse al di fuori della nostra goccia d’acqua e terra in un oceano di pianeti, stelle, supernove e buchi neri.

Man mano, però, le cose stanno cambiando. Grazie a chi in passato ha sognato di farcela, grazie a chi ce l’ha fatta e anche grazie a chi ha fallito. È per merito di persone così valorose se oggi la fiamma non si è spenta, anzi, continua ad ardere ancora più forte. Donne e uomini del passato che ci hanno insegnato come si vive nel futuro. E nel mezzo ci siamo noi, nati quarant’anni troppo tardi o quarant’anni troppo presto.

Non ci resta che sognare. Per un futuro migliore, perché un domani i nostri sogni diventino realtà, perché i nostri pronipoti possano aver successo dove noi abbiamo fallito. Non per nostra mancanza o inettitudine, ma solo perché abbiamo avuto la sfortuna di nascere nel momento sbagliato. Possiamo però contare sulla testimonianza di ce l’ha fatta e sullo sforzo di chi oggi sta provando a farcela di nuovo. Nel frattempo noi possiamo solo continuare a sognare, con gli occhi lucidi e il naso all’insù. Affinché la fiamma non si spenga mai.

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Gabriele Pati

Gabriele Pati

Cresciuto con libri di cibernetica, insalate di matematica e una massiccia dose di cinema e tv, nel tempo libero studia ingegneria, pratica sport e cerca nuovi modi per conquistare il mondo. Vanta il poco invidiabile record di essere stato uno dei primi con un account Netflix attivo alla mezzanotte del 22 ottobre 2015.

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