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Hellboy, la recensione: dannatamente imbarazzante

Attesissimo e già criticatissimo, il reboot di Hellboy è finalmente arrivato nelle sale cinematografiche mondiali. Con uno slogan che recita letteralmente: “Legendary AF” sarà riuscita la pellicola di Neil Marshall nel suo intento?

La premessa con cui è stato lanciato questo nuovo rifacimento di Hellboy era ben precisa: portare al cinema il vero Hellboy, quello di Mike Mignola (lo stesso fumettista ha dichiarato che questa è l’unica VERA versione cinematografica). Un’opera che essenzialmente puntava tutto nell’essere più cupa e matura. Ci hanno mentito.

Procediamo però per gradi: la pellicola si apre con un breve flashback atto a presentarci Nimue (Milla Jovovich), la perfida antagonista della vicenda. Sarà Artù in persona a dividere (letteralmente) la strega immortale in più pezzi, confinando ognuno di essi nei luoghi più remoti dell’Inghilterra. Nella sequenza successiva si viene immediatamente catapultati ai giorni nostri. Finalmente possiamo ammirare Red in tutta la sua pesantezza fisica.

Con una voce roca e burbera, la scelta di David Harbour è stata infatti una delle più azzeccate, nonché uno dei migliori aspetti (forse l’unico) della pellicola. Perennemente irritato con l’intonazione consumata dall’alcool, rispetto gli altri membri del cast Harbour centra sicuramente il bersaglio.

Già navigato membro del B.R.P.D, Hellboy verrà successivamente chiamato in Gran Bretagna per aiutare un’altra associazione segreta con una situazione abbastanza problematica. Ed è proprio qui che Red scoprirà le sue origini, risvegliando così la volontà di scoprire di più sul proprio passato e sul rapporto con il padre adottivo (interpretato da Ian McShane). Parallelamente alla voglia di scoprire se stessi sorge però un altro problema: il ritorno ormai imminente di Nimue.

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Ritmo e narrativa

Il film di Neil Marshall prende alcune delle più importanti storie di Mignola e le riadatta per un prodotto unico. Con una rilevante quantità di personaggi e avvenimenti, già dopo qualche minuto è evidente che la carne sul fuoco è veramente troppa. Personaggi letteralmente utilizzati per situazioni monouso, dialoghi alquanto frettolosi e sviluppo quasi inesistente. Una caratteristica che non è agevolata da un montaggio che, in alcuni momenti, risulta alquanto caotico e confusionario.

In fin dei conti questo nuovo Hellboy di narrazione non ne vuole proprio sapere. Basterà la prima mezz’ora per rendersi conto che stiamo parlando di una pellicola ovviamente poco intenzionata a fondare le sue radici nella solidità narrativa o nei dialoghi. 2 ore di azione e adrenalina pura, decisamente troppo sregolata in diverse occasioni. La sua corsa inoltre inciampa continuamente su una non indifferente quantità di spiegoni con tanto di flashback e voce narrante, rompendo di fatto il ritmo più di una volta.

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Con una regia non sempre valorizzata, non basteranno quelle due scene d’azione realmente riuscite a salvare un film che offre una dose abbastanza scadente di spettacolarità visiva.

Identità a rischio

Neil Marshal mette in scena un film in crisi d’identità perenne. Il nuovo Hellboy punta ovviamente ad un pubblico più maturo, ma scade tante, troppe volte in scene dal retrogusto quasi imbarazzante. 

Immancabile poi l’aspetto comico, caratterizzato da una serie di battute (o frasi fatte) tanto scontate quanto poco divertenti. I momenti di reale umorismo sono praticamente nulli.

Sia ben chiaro, il film è spietato, forse il cinecomic più truculento che abbia mai raggiunto le sale cinematografiche. A conti fatti risulta però difficile localizzare le reali intenzioni dell’opera.
Sicuramente c’era la volontà di emulare quel tipo di cinema horror low budget tipico degli anni ’80, ma non si può di certo dire che il risultato sia dei più efficaci. A peggiorare la situazione subentra poi una computer grafica quantomeno scadente, sintomo di una post produzione martoriata e poco al passo con i tempi.

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Hellboy è un prodotto che cerca di accontentare quasi tutti senza però accontentare realmente nessuno (o quasi). Con una ricerca costante di toni epici combinata ad una violenza gratuita nella maggior parte dei casi.

In conclusione…

Sangue dall’aspetto eccessivamente plastico e musica rock a tutto volume nelle sequenze più frenetiche, gli amanti del cinema horror di serie B potrebbero forse trovare un nuovo gioiello dai toni tanto esagerati quanto goliardici. Hellboy è un film estremo (in particolare nei difetti), che sicuramente non incontrerà il favore degli appassionati della stupenda ricerca visiva di Guillermo del Toro.
Con una goffaggine quasi imbarazzante in diverse sequenze, Hellboy risulta quasi imperdonabile anche se preso come mero film d’intrattenimento. 

Un pensiero finale va al povero Ian McShane, che oltre a non brillare di certo, si è prestato per una scena che sicuramente farà parlare di se per molto tempo a venire.

Voto: 4-

 

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Lorenzo Marcoaldi

Lorenzo Marcoaldi

Cinefilo e videogiocatore incallito, non perdo mai l'occasione di andare al cinema. Appassionato del cinema riflessivo di Villeneuve e quello parodistico di Edgar Wright, considero la trilogia del cornetto un monito da contemplare saltuariamente.

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