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The Black Game: esperimento sociale o strategia di marketing?

“Oggi molti di voi si sono nascosti dietro migliaia di black mirror per giocare con Pierpaolo. Ma dentro questi specchi, per quanto neri, c’è il riflesso di ognuno di voi. Avete preso decisioni terribili per uno sconosciuto. Avete giudicato, commentato ed odiato. Per alcuni abbiamo oltrepassato il limite, per altri non l’abbiamo nemmeno sfiorato. Chi ha pensato che fosse tutto finto, chi fin troppo vero. Ognuno di voi  ha cercato il proprio Black Game, attaccato per tutto il giorno a uno schermo. Quindi, vogliamo farvi un’ultima domanda: siete sicuri di aver avuto davvero il controllo?”

Così si conclude Black Game, il “gioco” che Netflix Italia ha intrattenuto lungo tutta la giornata del 16 gennaio, attraverso le storie Instagram dell’account ufficiale. Annunciato in pompa magna da un evento Facebook, si è trattao di un’esperienza interattiva in cui, sulla base di sondaggi della durata di dieci minuti, il pubblico decideva le sorti della cavia in carne ed ossa.

Sull’onda del fortunato Bandersnatch, che ha fatto molto parlare di sé, il colosso dello streaming punta ancora una volta sull’interattività, sebbene con una sfumatura antropologica non di poco conto: se lo spettatore, con l’ultimo episodio di Black Mirror, era cosciente di star guidando gli eventi di un’opera di finzione, in Black Game si trova davanti a un essere umano alle prese con la vita vera.

I vari sondaggi, in un crescendo di rilevanza lineare, partono dalla scelta dell’outfit e della colazione, fino ad arrivare a decidere cosa sarà tatuato sul collo del prescelto e se questo dovrà farsi rasare i capelli. Nel finale, subito dopo le parole riportate nell’incipit dell’articolo, vediamo lo stesso Pierpaolo sedere al posto di chi, per tutto il giorno, ha proposto i sondaggi.

In perfetta ottica dissacratoria alla Black Mirror, il gioco si conclude ancora una volta inducendoci a riflettere su come utilizziamo la tecnologia. Chi è la vera cavia dell’esperimento? Chi ha creduto di avere il controllo, con il suo smartphone in mano, o Pierpaolo, che ha idealmente proposto alternative che lui stesso ha messo in gioco?

 

Black Game è un esperimento sociale?

In questa mossa pubblicitaria fuori dall’ordinario c’è molto di più di quel che potrebbe sembrare: Black Game sembra riprendere l’archetipo dell’esperimento sociale e portarlo a un nuovo livello: quello digitale. In particolare, un elemento come la decentralizzazione della responsabilità, mediata attraverso un sistema di votazione a maggioranza, sarebbe interessante da studiare in chiave antropologica: quanto il fatto che la nostra scelta sia inconoscibile tra altre migliaia mitiga il nostro senso di colpa nell’infliggere a qualcuno un dispiacere?

Quanto, d’altro canto, questo tipo di interattività può arrivare a diventare studio delle preferenze del consumatore, trasformando così le preferenze ottenute in veri e propri dati utilizzabili nel marketing?

Ancora una volta l’universo di Black Mirror ci lascia grandi domande su cui riflettere. Noi della redazione di Dr Commodore, ve ne facciamo tre: avete seguito Black Game? Cosa ne pensate? Partecipereste mai a un gioco del genere come soggetto delle scelte altrui?

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Martina Cappello

Martina Cappello

Instancabilmente amante delle storie, le legge, le guarda, le gioca e talvolta le scrive. Ingegnere di giorno, incontraddicibile fangirl di notte.

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