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Il CEO di Google ha dovuto spiegare perché, cercando “idiota”, esce fuori Trump

Il CEO di Google Sundar Pichar ha testimoniato di fronte i membri dell’House Judiciary Committee. E, come accade spesso quando la vecchia generazione incontra il mondo di internet, i risultati sono stati tragicomici.
Pichar ha infatti dovuto rispondere, tra le altre cose, all’accusa di presunti pregiudizi politici degli algoritmi di Google e altre domande che ignoravano il basico funzionamento di internet, spiegando come lavorano gli algoritmi di ricerca. Una situazione che ricorda quella analoga di Mark Zuckerberg, che fu costretto a spiegare il funzionamento dei social network a dei non poco confusi senatori.

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“Watch people die inside”

Le domande

Nei video della diretta si vede infatti un paziente Pichai, costretto a spiegare che la compagnia non può “intervenire manualmente” sui risultati di ricerca, e che questi sono basati sui contenuti delle pagine web. Se per noi queste cose appaiono banalmente scontate, non si può dire lo stesso dei senatori americani, convinti davvero che i dipendenti Google possano manomettere le tre trilioni di ricerche che avvengono su Google ogni giorno.

Lofgren: “Riguardo alla manipolazione dei risultati di ricerca, io penso che sia importante parlare di come funzioni la ricerca. Proprio ora, cercando la parola “idiot”, nella sezione immagini appare una foto di Donald Trump. Come è possibile? Come funziona la ricerca?

Pichai:Oggi, noi provvediamo una ricerca per ogni cosa. Noi, come Google, abbiamo scansionato e immagazzinato copie miliardi di pagine nel nostro indice, poi prendiamo la parola chiave, la abbiniamo alla pagina e la valutiamo in base ad oltre 200 segnali. Cose come la rilevanza, la freschezza, popolarità. E in base a questo, sapete, in ogni momento, noi proviamo a trovare il miglior risultato per quella richiesta”.

Lofgren: “Quindi non c’è dietro qualche piccolo omino che regola il tutto?

Pichai:No, noi non possiamo intervenire manualmente sulla ricerca”.

Pichai, tieni duro.

 

Tentativi vani

Nonostante le brillanti e semplici spiegazioni del CEO di Google, però, molti senatori sono rimasti scettici. 

Lamar Smith: “Non ha mai punito un impiegato di Google per aver manipolato i risultati di ricerca?

Pichai:Farlo non è nemmeno lontanamente possibile per un singolo impiegato

Smith:Non sono d’accordo. Io credo che gli umani possano manipolare il processo”.

Il repubblicano Steve Chabot ha inoltre affermato che è dovuto arrivare alla terza o quarta pagina dei risultati di ricerca per trovare un riscontro positivo dell’”Affordable Care Act”, in quanto i primi risultati erano tutti contro il provvedimento. E alla luce delle spiegazioni, ha dichiarato Sì, lo so il comportamento di Google, è stato l’algoritmo a farlo, ma non so se me la bevo”.

In molti, sul web, hanno manifestato il proprio dissenso verso un governo vecchio, incapace di capire come funziona uno strumento ormai attuale, e che addirittura si rifiutino di capirlo. Ciò che è più grave, poi, è il fatto che i social network e internet in generale vengano considerati come corrotti da chissà quale complotto contro il governo.

Le parole del repubblicano Ted Lieu, in risposta all’accusa che i risultati di Google su alcuni legislatori fossero volontariamente negativi, danno però una risposta perfettamente soddisfacente:
Se volete risultati di ricerca positivi, fate cose positive. Se non volete risultati di ricerca negativi, non fate cose negative. E, ai miei colleghi: se avete risultati negativi, non incolpate Google o Twitter, considerate di incolpare voi stessi”.

VIA

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