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Dragon Quest XI: Echi di un’Era Perduta, la recensione

Una nuova epopea di luce e oscurità

Dopo più di un anno dall’uscita orientale, Dragon Quest XI: Echi di un’Era Perduta è approdato in Occidente, portando con sé lo stile inconfondibile dei JRPG del passato, rinnovato sotto alcuni punti ma coerente con quella che è la natura del gioco stesso. Una saga spesso bistrattata dal fratello maggiore dalla doppia F – il quale ha conosciuto un declino storico non indifferente – si ripresenta in Occidente con una formula già brevettata nel lontano 2006, che spinse migliaia di appassionati all’avvicinamento al brand di Dragon Quest. In Giappone la serie è un vero cult, nonché prima saga di Enix che precedette Final Fantasy sul fronte dei giochi di ruolo.

Frutto del lavoro congiunto del padre della saga Yuji Horii, del musicista Koichi Sugiyama e dell’inconfondibile mano di Akira Toriyama; l’undicesimo capitolo è l’erede diretto dell’ottavo. Quest’ultimo è il più venduto e conosciuto della saga in terra occidentale, e recentemente è diventato parte della libreria di Nintendo 3DS e Android. Dragon Quest XI migliora ma non snatura ciò che ha contraddistinto la saga da sempre: iconici mostri, villaggi da visitare, incantesimi e abilità da apprendere, il tutto legato da una trama avvincente, condita da personaggi formidabili. Il gioco ha saputo intrattenerci per più di settanta ore abbondanti, che ci hanno permesso di completare la storia principale e di dedicarci a diverse quest secondarie, setacciando in lungo e in largo la regione di Erdrea. Questo è il racconto della nostra permanenza nel meraviglioso mondo fantasy di Dragon Quest XI.

Un destino già scritto

La trama potrebbe risultare scontata e prevedibile, ma riserva qualche sorpresa e sovrascrive i classici canovacci narrativi a cui siamo abituati. Pur non brillando per originalità, intrattiene e cattura il giocatore nel mondo di gioco per tutte le cinquanta ore necessarie per il completamento della storia principale. Dopo un’introduzione molto evocativa siamo pronti per iniziare la nostra storia, nella quale vestiremo i panni del Lucente, ovvero la reincarnazione di un eroe che in passato riuscì a sconfiggere il Signore delle Ombre.

Ciò rappresenta un reiterarsi, poiché, ogni qual volta si assista a una rinascita del Signore delle Ombre, un nuovo eroe pronto ad incarnare il Lucente fa la sua comparsa nel mondo. I sovrani del mondo di gioco si riuniscono in una notte tempestosa per decidere il destino del nuovo pargolo appena nato, che ha inciso su di sé il marchio del Lucente. Questa volta però, l’Oscuro ha giocato d’anticipo, inviando i propri sgherri all’assalto della terra natia del pargolo in questione, radendola al suolo nel tentativo di stroncare la minaccia sul nascere. La madre del piccolo dà tutta se stessa per permettere al figlioletto di sopravvivere, sacrificandosi.

Dragon Quest XI: Echi di un'Era Perduta

Prendiamo in mano il controller, il destino si dispiega

La culla del piccolo verrà trovata in seguito da un anziano pescatore in un piccolo villaggio. Prenderemo i controlli del nostro alter-ego una volta cresciuti e pronti per una nuova e avvincente avventura, mossi da un destino che man mano che proseguiremo ci verrà illustrato sempre più chiaramente. Un inizio da cliché che non preclude uno sviluppo interessante della trama, arricchita da un cast che, all’ampliarsi, diviene sempre più iconico e completo nonché funzionale in termini di gameplay. I personaggi brillano di carisma, come ci ha abituato la serie, e non è difficile farsi trascinare tra gag e momenti emozionanti.

Tuttavia, il protagonista si ritrova molto spesso a subire il corso degli eventi senza opporsi, ma come nella classicità del JRPG tradizionale, viviamo la storia di un protagonista predefinito. Infatti, quando ci ritroveremo a fare delle scelte di dialogo, molto spesso il corso degli eventi in relazione alla nostra risposta sarà sempre lo stesso, costringendoci talvolta ad optare per l’asettico “Sì”. È comunque vero che la serie non ha una struttura del genere, e le scelte negative servono perlopiù a dare il via a delle scene talvolta comiche che stuzzicano il giocatore, lasciandolo essere quasi un antieroe per poco meno di un minuto. Ogni personaggio è ben caratterizzato e come sopracitato, ognuno coinvolgerà il protagonista nella propria vita in modo diverso trascinando il giocatore per ore e ore di un fantasy encomiabile.

Dragon Quest XI: Echi di un'Era Perduta

Rinnovare ma con criterio

Dragon Quest, una serie profondamente attaccata alle origini, anche questa volta ha deciso di rimanere ancorata al suo passato, manentendo una formula che da sempre garantisce un rapporto di qualità narrativa e di gameplay senza pari. Nonostante il passaggio ad Unreal Engine 4, i tratti distintivi della serie vengono colti immediatamente; i disegni di Akira Toriyama catalizzano la scena in coppia con le iconiche musiche della serie composte da Koichi Sugiyama. Le meccaniche propongono il classico JRPG con combattimenti a turni che cavalca la stessa onda di Dragon Quest VIII: L’Odissea del Re Maledetto. Tuttavia, sono presenti alcune novità, specialmente sul piano della progressione che riguarda la distribuzione dei livelli e i power-up durante la battaglia.

Le novità nel sistema di progressione

Nel primo caso, abbiamo dei punti abilità che guadagniamo ogni qual volta avanziamo di livello, che possiamo distribuire per ciascun personaggio in una griglia di abilità e caratteristiche sbloccabili. Ogni personaggio chiaramente ha la propria e ogni “direzione” della griglia corrisponde a una specialità affine con il proprio membro del team. Sotto il punto di vista del cosiddetto power-up, se nell’ottavo capitolo avevamo la “tensione” caricabile a comando in ogni turno, per poi essere rilasciata con qualsiasi attacco per incrementarne i danni, qui abbiamo lo status di “pimpante”.

Quest’ultimo sostituisce il vecchio sistema che offre un innesco casuale in situazioni critiche, che aumenta statistiche predefinite per ogni personaggio durante una battaglia. Inoltre, può essere usato in coppia con un altro membro del party affine, per scatenare dei potenti attacchi combinati denominati “poteri pimpanti”. Le combinazioni sono tantissime e con l’avanzare dei livelli se ne sbloccano molte dagli effetti più disparati, anche molto belle scenicamente, le quali variano tra i classici attacchi potenziati a veri e propri buff di gruppo.

Dragon Quest XI: Echi di un'Era Perduta

Farming, incontri e vantaggi: semplificazione o spirito di adattamento?

Per chi non masticasse troppo i giochi a turni, è bene ricordare che Square Enix ha deciso di implementare nella versione occidentale del gioco due funzionalità. La prima è la corsa fuori dal combattimento, che mira ad accorciare i tempi di percorrenza tra una tratta e l’altra; la seconda riguarda l’“active time battle”, che permette di rimanere forzatamente fermi ad aspettare i turni nelle battaglie, permettendo ai giocatori di muoversi nella zona durante un’azione e l’altra. Il muoversi non incide sull’andamento della battaglia che sarà comunque legata ai turni basati sulla regola della velocità. Questi accorgimenti servono a rendere il prodotto più fruibile per i neofiti e per il mercato nostrano, e in tal senso è stato inoltre ridotto sostanzialmente il bisogno estremo del grinding.

Scorciatoie gradevoli per un pubblico più ampio

Le ore da dedicare al farming per accumulare livelli sono notevolmente ridotte, essendo una feature che gli occidentali in genere gradiscono meno. Sempre in termini di semplificazione, l’introduzione degli accampamenti in cui riposarsi per recuperare le forze e salvare il gioco rendono quasi totalmente inutili le locande. Gli incontri con i mostri non sono più casuali come in passato, bensì è possibile scegliere se e quando sostenere una battaglia con i mostri durante l’esplorazione, grazie alla visibilità di essi a grandezza naturale. È possibile anche ingaggiarli con un fendente che garantisce un vantaggio in termini di danni inflitti all’inizio del combattimento. Dunque, il gioco è stato reso più semplice su molti fronti, forse un po’ troppo, anche se è possibile impostare la difficoltà e alcuni handicap per rendere l’avventura più avvincente.

I veterani della serie non troveranno alcun problema nell’avanzamento. Per concludere, la gestione dell’inventario si presenta un po’ rudimentale, complice di un impianto vecchio stile che non è stato ritoccato minimamente. Avremmo gradito una miglioria in tal senso, ma questo non compromette la bellezza del prodotto, che mantiene un fascino senza pari. Altra novità importante riguarda le cavalcature, veri e propri mostri che, una volta sconfitti, potranno essere cavalcati, conferendoci la possibilità di arrivare in luoghi altrimenti inaccessibili. Si segnala inoltre un corposo post game, che gli avvezzi al genere ameranno sicuramente.

Dragon Quest XI: Echi di un'Era Perduta

Un mondo splendente

Le versioni PS4 e PC sono molto simili, realizzate con un’ottima alternanza tra il cel-shading e ambienti fotorealistici, con un’armonia di colori difficilmente ottenibile in altre produzioni. Il passaggio all’Unreal Engine 4 ha compiuto un’impresa di svecchiamento notevole sul fronte artistico. I mostri sono il fiore all’occhiello della produzione da sempre, e con l’undicesimo capitolo raggiungono il loro massimo splendore caratteristico. Ogni genere di creatura fantasy è stata rimodellata per adattarsi ad un mondo che fa della costruzione ambientale il suo punto di forza. La regione di Erdrea contiene qualsiasi tipo di bioma e molti villaggi esplorabili, ognuno caratterizzato diversamente dall’altro.

È difatti impossibile notare somiglianza tra una cittadina e l’altra, complice anche un’ispirazione molto forte verso città vere, ognuna con abitanti pronti a dialogare in lingue e dialetti diversi che cercano comunque di mantenere la lingua di base come collante. Nel caso della lingua italiana, vi sono delle traduzioni talvolta infelici e fuori contesto che in alcuni momenti minano la comprensione della trama. Nulla di troppo invasivo, sia chiaro, ma avremmo trovato opportuna una maggior ponderatezza per le traduzioni, specialmente dialettali, che sappiamo in italiano essere talvolta molto colorite. Sul fronte tecnico è encomiabile il lavoro effettuato col gioco.

Il comparto tecnico e il sonoro di Dragon Quest XI si fanno valere

Pur mantenendo uno stile funzionale, quasi vecchio di una generazione, il titolo rimane solido, tecnicamente eccelso, giocabile senza problemi dall’inizio alla fine. Dragon Quest XI è ancorato ai trenta frame al secondo per la maggior parte dell’avventura, fatta eccezione per alcune sezioni dove si notano dei notevoli cali inspiegabili durante l’esplorazione. Questo potrebbe essere probabilmente dovuto a una rifinitura superficiale di alcune aree del gioco, cosa non rara nello sviluppo di mondi ampi.

Difetto sul quale si può trasingere senza problemi, dato che affligge un totale di 3-4 aree del gioco, ma è giusto porlo sotto esame. Solo note di merito invece per il comparto audio, sempre coerente e maestoso: effetti spettacolari e musiche riescono a incantare per tutta la durata dell’epopea, con la maggior parte dei brani riprese dai capitoli precedenti, ormai divenuti distintivi della saga grazie a Koichi Sugiyama. Il doppiaggio parlato in inglese, esclusivo della versione occidentale del gioco, è discreto, facilmente comprensibile, ma anch’esso a volte stona sulla bocca di alcuni personaggi.

Dragon Quest XI: Echi di un'Era Perduta

Il feeeling di gioco è il classico della serie: seguendo la trama principale e tralasciando le sidequest ci si ritrova in un’iterazione tradizionale: recarsi in un villaggio, sconfiggere il boss di turno, procedere con un’altra traversata per raggiungere un nuovo villaggio. Il ciclo così si ripete fino alla fine, dunque è bene dedicarsi all’esplorazione e al completamento delle sidequest, che in questo capitolo prendono una formula già brevettata da altri gioco di ruolo. Questa consiste nel prendere la missione da un NPC, completarla e poi ritornare al punto di partenza.

L’illusione del mondo aperto

Dragon Quest XI si stacca dall’ottavo capitolo sul fronte dell’open world, che qui non è pervenuto. Si ha l’illusione di un vero e proprio open world, ma le zone esplorabili sono divise per sezioni interconnesse in modo intelligente più o meno grandi. Raccogliere gli oggetti disseminati in esse non risulta quindi complicato, bensì molto intuitivo, forse troppo. L’ambientanzione è coinvolgente e l’impianto diverte a tal punto da spingere il giocatore a esplorare e raccogliere collezionabili, per poi creare equipaggiamenti sempre più potente grazie alla forgia, che qui assume un ruolo molto più interessante che in passato.

Tramite un simpatico minigioco e ricette alla mano, è possibile creare degli oggetti relativi all’equipaggiamento più forti di quelli acquistabili, in base all’abilità di forgia del giocatore. In merito, durante l’avventura non si ha mai veramente bisogno di effettuare acquisti dai vari empori disseminati per Erdrea. Un oggetto forgiato ottimamente può trasportare il party per molti livelli.

Dragon Quest XI: Echi di un'Era Perduta

In conclusione

Dragon Quest XI: Echi di un’Era Perduta stupisce, meraviglia e coinvolge il giocatore in un’avventura come non se ne vedevano da tanto tempo. Un feeling classico ma rinnovato, che convince anche oggi ed è capace di regalare emozioni ai veterani della serie, nonché sorprese ai neofiti. Una pietra rara che si affaccia su un mercato che sembra aver abbandonato determinati valori, ma che Dragon Quest XI riesce a riportare alla luce. Una luce che speriamo possa brillare anche in futuro e possa splendere sui venturi JRPG, tramandando l’essenza di un’alchimia potente e solida nel mercato dei giochi di ruolo.

Dragon Quest XI: Echi di un'Era Perduta

Versione testata: PlayStation 4 Standard

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Mirko Proietti

Mirko Proietti

Videogiocatore classe '96 operativo dall'età di 3 anni. La prima esperienza con Sega Mega Drive e PlayStation in contemporanea. Prediligo il genere Platform e GDR, ma da sempre mantengo una visione a 360 gradi del panorama videoludico. Laureato in Comunicazione, cerco la completezza nella produzione del videogioco, che tendo a considerare un'arte vera e propria.

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