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Videogiochi, la dipendenza è un disturbo mentale? Ecco la posizione di AESVI

l’AESVI interviene sull’argomento

La proposta della OMS, organizzazione mondiale della sanità, riguardante la classificazione del Gaming Disorder come una vera e propria malattia mentale, ha fatto parlare molto di sé nei social network con prese di posizione differenti da parte degli utenti. Alcuni hanno dato ragione alla OMS mentre altri l’hanno trovata come l’ennesimo attacco al mondo dei videogiochi. L’AESVI, Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani, ha finalmente detto la sua con un documento rilasciato nella giornata odierna.

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Nel documento sottostante possiamo innanzitutto leggere dei chiarimenti riguardanti alle tempistiche di questa proposta molto importanti, come per esempio il fatto che quest’ultima potrà essere adottata solamente a partire dal Maggio del 2019 e le tempistiche di adozione successive, dei vari stati, farà slittare la data di effettiva adozione in tutto il mondo ancor in più nel futuro. L’AESVI sottolinea quindi come la strada sia ancora lunga prima che il “Gaming Disorder” venga riconosciuto ed adottato nel mondo.

Thalito Malagò, direttore generale dell’associazione, si domanda successivamente se il “Gaming Disorder” possa effettivamente entrare a far parte nella lista delle malattie conosciute dall’OMS, facendo notare come anche la comunità scientifica non abbia una visione omogenea della questione e come molti accademici, medici e scienziati abbiano sollevato i propri dubbi in merito. Il direttore generale conclude condividendo il timore che tale classificazione possa incoraggiare i genitori a ricercare una soluzione medica piuttosto che quella umana, parlando e comprendendo i disagi del figlio.

Riportiamo qua sotto tutto il comunicato mandatoCi dall’Associazione.

“Nei giorni scorsi abbiamo seguito attentamente il dibattito al centro dei media e del settore sull’annuncio dell’OMS di voler introdurre il “gaming disorder” nella classificazione internazionale delle malattie e riteniamo opportuno, a questo punto del dialogo, intervenire nuovamente sull’argomento di discussione. Siamo consapevoli della complessità e della delicatezza del tema di cui stiamo parlando, e che la sua trattazione richiederebbe tempi e modalità diversi. Ma a nostro avviso ci sono alcuni punti fermi che dovrebbero essere tenuti in considerazione da tutti in questo dibattito.
Da più parti è stato detto che l’OMS ha deciso di classificare il “gaming disorder” come una malattia. Secondo le informazioni in nostro possesso, in realtà l’OMS ha reso pubblica una proposta di classificazione che potrà essere formalmente adottata soltanto a maggio 2019, quando sarà presentata e discussa dall’Assemblea Generale. Questo non ci sembra un dettaglio da trascurare. Significa che c’è ancora una lunga strada da percorrere e soprattutto che c’è ancora un enorme lavoro di valutazione delle prove scientifiche da fare. Nel caso in cui dovesse esserci la formale adozione, sarà poi responsabilità dei diversi stati e dei diversi sistemi sanitari di riferimento decidere se e come implementarla, e questo non succederà prima del 2022.
Da più parti è stato anche detto che la coalizione delle associazioni internazionali che rappresentano l’industria dei videogiochi, di cui AESVI fa parte, sta negando l’esistenza di un “problema”. Per quanto ci riguarda, possiamo affermare che l’Associazione è consapevole del fatto che una minoranza di giocatori utilizza i videogiochi in modo sproporzionato. Quello che contestiamo, con ferma convinzione, è invece il fatto che si possa parlare dell’utilizzo eccessivo dei videogiochi come di una malattia.
Quali sono le evidenze scientifiche alla base della proposta di classificazione dell’OMS? C’è un livello di consenso sufficiente all’interno della comunità scientifica al riguardo? O siamo di fronte all’ennesima presa di posizione politica dettata dalla preoccupazione sociale rispetto alla diffusione dei videogiochi? Da quanto ci risulta non c’è uniformità di vedute nel mondo della ricerca e sono numerosi gli scienziati, i medici, gli accademici e gli esperti in tutto il mondo ad aver espresso le loro perplessità rispetto alla proposta dell’OMS e ad aver lanciato un appello di prudenza rispetto ad una decisione che può avere delle conseguenze molto pesanti, non tanto per l’industria dei videogiochi, ma per i potenziali futuri “pazienti” e per i sistemi sanitari dei diversi paesi.
Siamo sicuri che la soluzione al problema sia la previsione di una classificazione medica dedicata all’utilizzo sproporzionato dei videogiochi?
Classificando l’uso eccessivo dei videogiochi come una malattia rischiamo di etichettare in modo negativo una forma di intrattenimento tout court. La definizione di gaming disorder dell’OMS parla infatti di gaming in generale. Non dice nulla rispetto a quali tipologie di giochi o a quali caratteristiche dei videogiochi possano portare ad un comportamento considerato patologico. Ci dice che alcune persone a volte giocano in modo eccessivo tanto da avere delle conseguenze negative nella loro vita personale, nella scuola o nel lavoro. Ma questo può valere per qualsiasi altra attività e un approccio del genere rischia di portare alla patologizzazione di qualsiasi aspetto della vita.

Classificando l’uso eccessivo dei videogiochi come una malattia rischiamo di dare ai genitori la giustificazione per andare alla ricerca di una soluzione medica invece di cercare di fare un passo in un’altra e ben più importante direzione: quella di parlare con i propri figli, comprendere i disagi che spesso stanno alla base dell’uso eccessivo dei videogiochi, oltre che di vivere insieme l’esperienza di gioco.
É innegabile che i videogiochi sono sviluppati per coinvolgere i giocatori e che c’è una responsabilità dell’industria per assicurare che i consumatori abbiano un’esperienza di gioco sicura e responsabile. Ma è anche giusto pretendere, dal nostro punto di vista, che una decisione così importante debba essere supportata da un processo decisionale trasparente e da prove scientifiche adeguate. Nell’interesse di tutti, non dell’industria dei videogiochi.”

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Corrado Papucci

Corrado Papucci

Fruitore del mondo videoludico sin dalla nascita, il mio viaggio inizia partendo dalla versione freeware di Wolfenstein 3D e di Lemmings, passando per le mitiche PS2 e PS3 e le loro svariate perle , e termina ritornando ai cari e vecchi dispositivi dotati di mouse e tastiera. Un gran bel viaggio che spero possa continuare anche verso nuove direzioni e piattaforme. Possibilmente anche economicamente raggiungibili.

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