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Vita a 18mm: fiere e disagio attraverso un obiettivo

Come alcuni di voi sapranno, lo scorso week-end una piccola delegazione di noi della redazione è stata al Cartoomics, in quei giorni io rivestivo il ruolo di fotografo/cameraman, una delle esperienze più belle ma al contempo stranianti della mia vita.

cartoomics

Una piccola premessa

Non è certo la prima volta per me a una fiera del fumetto, ne è la prima volta che in generale a un evento pubblico mi presento con la mia fidata reflex, ma per la prima volta mi son recato a una fiera di questo tipo con un pass stampa e il preciso compito di riportare tutto ciò che vedevo e questo, nonostante possa non sembrare, ti fa vedere le cose da una prospettiva differente.

Ora vi dirò, cuore in mano, una cosa che ho detto solo ai ragazzi che erano con me: ci sono stati momenti in cui la macchina fotografica che portavo al collo sembrava diventare piombo, in cui avevo quasi l’istinto di chiuderla nello zaino e non tirarla più fuori, in cui mi sentivo seriamente a disagio ad averla tra le mani.

Per capire meglio il discorso facciamo un passo indietro e ripeschiamo due espressioni che su internet negli ultimi tempi spopolano: cringe e second hand embarassement.

Cringe credo che sappiate tutti cosa significa, è quella sensazione di disagio provocata dal vedere altri compiere azioni strane o imbarazzanti.

Per second hand embarassement, espressione meno nota, mi affiderò al sempre utile Urban Dictionary:

The personal embarrassment that one feels on account of and for another […] who is making a fool of him or herself. A person experiencing secondhand embarrassment feels as if they are doing the embarrassing action themselves, effectively putting themselves in the other person’s shoes.

Dove, come, quando…

Tutto ha inizio già dal venerdì, pochi minuti dopo il mio ingresso in fiera, sono solo e mentre mi dirigo a incontrare gli altri mi guardo intorno, facendo qualche scatto agli stand e ai cosplayer, approfittando della luce del primo pomeriggio e della poca gente.

Già in quel momento inizio a notare alcuni “colleghi” in atteggiamenti strani, ma non gli do importanza, lascio correre e mi faccio i fatti miei.

La giornata continua, tra video, prime interviste, scatti compulsivi a tutto ciò che solleticava la mia attenzione (in questi momenti divento un pelo iperattivo) e risate con i miei complici e amici della redazione.

Come ho detto il venerdì è andato tutto liscio, ho fatto il mio e non ho pensato troppo, ma un piccolo tarlo nel mio cervello si era ormai insinuato e non voleva andarsene.

Arriva il Sabato, la schedule è bella fitta e scendo dalla metro che sono le 9.45 del mattino,già lì mi trovo attorniato da macchinette e cosplayer in posa, neanche tempo di uscire dalla stazione che quella sensazione mi assale di nuovo. Ormai quel piccolo tarlo ha sfondato le barriere e i suoi sussurri si sono fatti urla, di botto ho un’epifania, in un secondo capisco cosa il mio cervello stava cercando di dirmi:

MI SENTIVO A DISAGIO PER IL MIO RUOLO DA FOTOGRAFO

DSC 0001

Entrata del Cartoomics Venerdì 9 Marzo 2018

Perché?

All’inizio non capivo che diamine mi stesse prendendo, come quando ti svegli male e non sai a cosa ricondurre il tuo tuo stato d’animo, quindi penso semplicemente che sia proprio quello: mi son svegliato male, passerà.

Ma non passa, si intensifica, di minuto in minuto mi sento sempre più strano, finché non capisco che non dipende da me, ma da quello che vedo, da quello che mi accade intorno.

Se mi sento a disagio non è perché io stia facendo qualcosa di sbagliato, lo dico senza problemi, il mio comportamento era tutto fuorché fuori luogo, il problema erano la maggior parte degli altri fotografi, accreditati o meno.

Provavo imbarazzo per loro, in qualche modo, nella mia testa, il mio essere lì con cavalletto in spalla e reflex alla mano mi portava a pormi sul loro stesso livello, ma non lo ero, assolutamente.

Diciamo che io ero lì con due scopi: divertirmi e produrre del buon materiale per il sito; ed è quello che stavo facendo, in modo automatico, senza pensare a quello che facevo o che, in qualche modo, il mio pass e la mia reflex fossero, in quel contesto, simboli di potere.

Perché lì sta il punto, io in quel momento avevo letteralmente per le mani un oggetto che mi metteva in una posizione di potere, punti l’obiettivo e subito una persona si sente in soggezione.

Ma dove io, forse ingenuamente, non pensavo a questo come qualcosa da sfruttare, lo stesso non si può dire di molti altri che erano lì.

Quando il divertimento si infrange contro la squallida natura umana

Potrei citarvi decine di comportamenti sbagliati che ho visto, ma limiterò a un solo esempio, forse quello che mi ha colpito di più:

In un angolo appartato del padiglione 12, grazie al fatto che i rumori arrivavano attutiti e si poteva sedersi e respirare, si era creato una sorta di set/area relax, lì, mentre attendevo di iniziare le riprese per un’intervista, ho assistito a un siparietto agghiacciante:

Una cosplayer, non so da cosa fosse vestita (mea culpa), molto carina, tranquilla, quasi timida, all’incirca della mia età, stava venendo fotografata in varie pose da un’uomo che ad occhio doveva avere all’incirca una sessantina d’anni, e fin qui nulla di strano, se non che ogni maledetta volta che lei cambiava posa lui le si avvicinava e con una nonchalanche degna del peggior maniaco allungava le mani ovunque, quasi stesse posizionando un manichino e non una persona.

Ora, io sono tutto il contrario di un moralista, ma quando ho visto quell’uomo piazzare impunemente le mani nell’interno coscia di quella ragazza, la stessa che pochi minuti dopo mi avrebbe sorriso quando, in modo cortese e amichevole, gli avrei chiesto un veloce scatto a mezzo busto e fatto i complimenti per il cosplay, non ho potuto fare altro che abbassare lo sguardo. Mossa sbagliata visto che così facendo mi sono accorto che anche io, in quel preciso istante, avevo appeso al collo una macchina fotografica e non mi ci sarebbe voluto nulla a prendere il posto di quell’uomo la cui vista mi rivoltava tanto.

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Due Cosplayer che ho “disturbato” alla zona ristoro del padiglione 20

My two cents

Siamo arrivati alla fine, al momento di tirare le somme.

Vi ho portato solo l’esempio che più mi ha colpito ma potrei citarne veramente a decine.

Spero che abbiate capito il perché del mio disagio, perché oltre ai sorrisi e a tutti i bei ricordi questa mia prima esperienza da giornalista in fiera mi abbia fatto anche riflettere molto.

Dal canto mio dopo averci pensato a lungo (ecco perché questo articolo esce solo oggi) ho capito che in fondo io non sono come quelle persone, né voglio diventarlo.

Semplicemente non è da me sfruttare una piccola fonte di potere, come può esserlo la mia macchina fotografica, per approfittare degli altri. Perché di questo si tratta, potere, e, come in molti prima di me hanno detto, ne basta poco per dare alla testa alle persone.

Con la speranza che questo articolo leggermente diverso dai soliti non vi abbia annoiato, chiudo dicendo che presto avrete per le mani una spropositata quantità di chicche e materiale che abbiamo raccolto per voi al Cartoomics (quindi occhio alle notizie in evidenza), sono sicuro che vi piaceranno e così i nostri sforzi saranno ripagati.

 

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