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AMERICAN VANDAL – Un capolavoro inaspettato

 

Una delle più grandi sorprese della produzione Netflix. È così che possiamo sintetizzare l’essenza di American Vandal, uno degli ultimi lavori della casa delle serie TV. Eppure, seppur con un trailer pubblicitario divertente ed accattivante, questa opera sembra essere passata leggermente in sordina, probabilmente oscurata dall’hype per la seconda stagione di Stranger Things e per la terza stagione di Narcos, due prodotti di punta per tutto il catalogo. E tutto questo, con tutto il massimo rispetto per queste due serie TV, è un peccato. Ma di cosa tratta American Vandal?

È la storia di un’indagine di un reporter in erba, lo studente Peter Maldonado (interpretato da Tyler Alvarez), che, a seguito di un improvviso atto di vandalismo nel cortile del suo liceo, si arma di carta, penna e videocamera per fare luce sull’accaduto, intervistando indiziati, studenti e docenti.

Se dalle premesse vi sembra una trama tutto sommato ordinaria, a farvi cambiare idea sarà sicuramente l’entità di questo atto vandalico: ogni auto parcheggiata nel cortile riservato agli insegnanti è stata imbrattata con degli enormi peni. Il consiglio d’istituto punta immediatamente il dito contro Dylan Maxwell (Jimmi Tatro), il classico buffone della classe, non nuovo a scherzi e burle. Ma sarà veramente lui il colpevole?

Toccherà a Peter e ai suoi amici indagare a fondo grazie ad un vero e proprio True Crime ad episodi; è dal documentario del giovane film-maker che noi seguiamo l’intreccio narrativo, girato proprio con la video-camera sulla spalla, donando un effetto di realismo efficacemente costruito.

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La caratteristica di American Vandal, dunque, è quella di essere un mockumentary dissacrante e serio al tempo stesso. Dissacrante perché, con i giusti tempi comici e con battute fulminanti, riesce a strappare più di una risata, parodizzando i prodotti True Crime che infestano il piccolo schermo: vedremo ragazzini goffi spiattellati davanti ad una telecamera rispondere in modo insicuro e divertito ad un’intervista dal sapore professionale; vedremo teorie e complotti legati ai disegni fallici; scopriremo le storie degli alunni del liceo che, come ogni storia di quell’età, ha risvolti spesso divertenti e goliardici.

Per altro è stata ottima la scelta da parte dei doppiatori italiani di doppiare con l’impostazione tipica dei documentari: leggermente fuori synch e con le voci originali lasciate in sottofondo. Sono tante piccole perle che impreziosiscono il tutto, rendendolo più reale e marcando l’intento parodistico dell’opera.

Ma si tratta anche di un’indagine seria ed approfondita, dove nulla è lasciato al caso. Peter e il suo team raccolgono indizi, formulano ipotesi, chiedono spiegazioni e, spesso, giungono a delle conclusioni. Ogni dato raccolto e analizzato non è fine a se stesso, neppure un preliminare (e per preliminare intendo quello a cui tutti state pensando). L’approccio con cui si sviluppa la trama è straordinariamente interessante, coerente e, alle volte, persino geniale.

Ma ridurre il tutto a questo snaturerebbe l’intento ultimo di questa serie, un intento che, dalle premesse, non si ci potrebbe aspettare.

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American Vandal diventa, episodio dopo episodio, una forte critica alla società, soprattutto a quella dei giovani di oggi: la falsità, la gogna mediatica amplificata da una sempre maggiore rete sociale, le maschere che tutti noi, soprattutto in giovane età, indossiamo per sentirci parte di un gruppo, ma soprattutto le conseguenze che le idee degli altri hanno su di noi. È su questa ultima caratteristica che la serie ha il suo perno, mostrandoci la pericolosità di non credere sufficientemente in noi stessi, di accomodarci sui pareri che gli altri hanno di noi senza fare lo sforzo di cambiare, di autodistruggerci in un mondo dove sembrare conta più di essere. Il finale, a tal proposito, è da brividi.

Si è parlato di come Tredici dovrebbe, secondo alcuni, essere visto nelle scuole, ma forse, se c’è una serie TV che riesce a parlare realmente di bullismo senza fronzoli, che faccia capire le conseguenze più comuni e universali di una società come quella in cui viviamo senza trovate caricate ed eccessivamente pirotecniche, ma vere, nude e crude, beh, quella serie è senza dubbio American Vandal.

 

Antonio Giannotte

 

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Gabriele Pati

Gabriele Pati

Cresciuto con libri di cibernetica, insalate di matematica e una massiccia dose di cinema e tv, nel tempo libero studia ingegneria, pratica sport e cerca nuovi modi per conquistare il mondo. Vanta il poco invidiabile record di essere stato uno dei primi con un account Netflix attivo alla mezzanotte del 22 ottobre 2015.

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